Dal 25 aprile al 1° Maggio e più avanti, fino a una nuova Liberazione
Nelle piazze del 25 Aprile, a Milano e a Roma con più evidenza ma anche nelle altre città, si sono mescolati e scontrati l’antifascismo popolare e l’antifascismo padronale.L’antifascismo popolare marcia sulle gambe di chi lotta contro la guerra, contro l’invio di armi al regime fantoccio di Zelensky, contro il sionismo e a fianco della resistenza palestinese (l’antifascismo è antisionismo), per chiudere le basi USA-NATO e mettere fine al protettorato USA sul nostro paese, nella lotta per farla finita con la strage di lavoratori, con la precarietà e la miseria, con lo smantellamento della sanità e della scuola pubblica, con l’inquinamento dell’ambiente, con la persecuzione degli immigrati, con la repressione.
L’antifascismo padronale non è solo quello che deturpa le manifestazioni del 25 Aprile con le bandiere dei sionisti di Israele genocidi, del governo fantoccio filonazista di Zelensky e, negli anni scorsi, con quelle della NATO. Non è solo quello che depone corone per i caduti della strage delle Fosse Ardeatine mentre è complice dei sionisti di Israele che a Gaza stanno facendo peggio dei nazisti. Non è solo quello che celebra la Costituzione del 1948 mentre la viola apertamente con le basi USA-NATO disseminate nel paese, che ha fatto dell’Italia il retrovia delle guerre a stelle e strisce, che partecipa a e dirige anche missioni di guerra (vedi Aspides nel Mar Rosso) e che “sotto l’ombrello della NATO” trascina il nostro paese nella nuova guerra mondiale. L’antifascismo padronale è quello che condanna il regime fascista del 1922-1945, il “totalitarismo”, la persecuzione degli oppositori democratici, le manifestazioni “volgari e incivili” del fascismo come l’olio di ricino e le leggi razziali, ma accetta e difende il potere di un pugno di capitalisti (finanzieri, industriali, banchieri, ecc.) di decidere della vita del resto della popolazione, lo sfruttamento dei lavoratori, la miseria, la condanna al lavoro per tanti e la vita da parassiti per alcuni, i privilegi, la corruzione economica e morale, le cricche di potere, il clientelismo, le stragi di Stato, la politica occulta, l’arroganza antipopolare, la devastazione ambientale, lo smantellamento di interi settori produttivi. È l’antifascismo che trova un terreno d’intesa con Meloni e gli altri scimmiottatori del fascismo, perché sono i rappresentanti politici della stessa classe. È l’antifascismo di chi fa una blanda opposizione in Parlamento all’autonomia differenziata e al premierato di Salvini e Meloni dopo aver alimentato la divisione e le differenze tra Nord e Sud del paese (o non aver fatto nulla per colmarle) e aver ridotto il Parlamento a una camera di ratifica delle decisioni del governo, innalzato gli sbarramenti elettorali, le liste bloccate e le altre misure cosiddette “pro governabilità”, posto limitazioni crescenti alla partecipazione delle masse popolari con liste autonome alle elezioni, fatto ricorso a colpi di mano quando gli elettori “non hanno votato bene”.
L’antifascismo popolare è anzitutto lotta contro il capitalismo, la miseria, l’oppressione di classe e i privilegi, lotta per l’eguaglianza, contro la schiavitù del bisogno e della paura per la maggioranza della popolazione che si esprime anche in sentimenti, idee, manifestazioni e cerimonie contro l’oppressione padronale e clericale che il regime fascista e Mussolini hanno incarnato per più di vent’anni e contro la Repubblica Sociale Italiana – la Repubblica di Salò (1943-1945) nazifascista. L’antifascismo padronale è invece sfruttamento di questo a fini elettorali, clientelari e affaristici. È uno dei modi con cui confondono e manipolano i cuori e le menti delle masse popolari (è uno strumento del primo pilastro del regime di controrivoluzione preventiva). Nel nostro paese, non possono farne a meno. Questo li costringe ad andare cauti con gli antifascisti popolari, a protestare quando la polizia malmena i liceali a Pisa, a non vietare le bandiere palestinesi al 25 Aprile, ad avere a che fare con gli antifascisti popolari nell’ANPI e nella CGIL (dove gli antifascisti padronali sono per adesso più forti di noi).
L’antifascismo padronale si ferma alle parate per il 25 Aprile, alle buone parole in occasione degli anniversari e alle grida sul “pericolo di destra” alle elezioni. L’antifascismo popolare prosegue e sviluppa i risultati delle manifestazioni del 25 Aprile con le mobilitazioni del 1° Maggio, con la manifestazione nazionale del 1° giugno “contro il governo Meloni, il riarmo e la NATO, contro la guerra interna ai lavoratori e quella esterna, che oggi significa inviare miliardi all’Ucraina e chiudere gli occhi sul genocidio dei palestinesi”, con le mobilitazioni contro il G7 e le altre scadenze nazionali già in programma e quelle che verranno, con le occupazioni e proteste nelle università, con le mobilitazioni contro la chiusura, la delocalizzazione e la riduzione delle aziende, con le lotte dei comitati ambientalisti, antimilitaristi, ecc., usando la campagna elettorale per rafforzare ognuna delle lotte in corso, per coordinare gli organismi che le promuovono, per unirle intorno all’obiettivo di cacciare il governo Meloni e sostituirlo con un Governo di Blocco Popolare che agisca al servizio delle masse popolari organizzate.
Per una nuova Liberazione con cui “alzeremo sopra al Quirinale la bandiera rossa” e porteremo così a compimento la lotta dei Partigiani
L’antifascismo popolare è l’erede della lotta vittoriosa che i Partigiani hanno condotto dal 1943 al 1945: non esiste né può esistere una “memoria condivisa” della Resistenza tra chi ieri come oggi ha combattuto e combatte dalla parte giusta della storia e chi la storia pretende di fermarla alla barbarie del capitalismo e del sistema imperialista. Esso ha continuato a vivere nel cuore e in mille iniziative delle masse popolari, anche se la linea adottata dai revisionisti moderni che capeggiavano il PCI ha impedito che dalla vittoria della Resistenza sorgesse un’Italia socialista.
Vincendo la guerra interna fermeremo anche la guerra esterna
La lotta contro la guerra di sterminio non dichiarata (la guerra interna) finalizzata a costituire un governo di emergenza popolare è l’unica lotta efficace contro l’estensione della Terza guerra mondiale. La guerra viene fatta nell’interesse dei gruppi imperialisti e arricchisce soltanto loro, ma non è nata dalla cattiva volontà o dai calcoli sbagliati di uno o dell’altro dei membri della loro Comunità Internazionale e dei criminali che sono a capo dei governi dei loro paesi.
La guerra è un parto necessario della crisi generale del capitalismo: non è possibile porre fine alla guerra senza rovesciare il sistema capitalista almeno in alcuni dei maggiori paesi imperialisti, cioè senza un salto della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti, senza che almeno uno dei grandi paesi imperialisti rompa le catene della Comunità Internazionale e in questo modo apra la via e mostri la strada anche alle masse popolari degli altri paesi.
È in questo modo che porteremo a compimento anche l’opera dei Partigiani e arriveremo a regolare i conti non solo con gli eredi e i nipoti dei fascisti di ieri, ma anche e soprattutto con i loro mandanti: i grandi industriali e le loro organizzazioni, i grandi banchieri, i finanzieri e gli squali della speculazione, la gerarchia vaticana, la criminalità organizzata, gli alti gradi dell’Esercito alla Vannacci e gli alti funzionari dello Stato e della Pubblica Amministrazione, i sionisti, gli imperialisti USA e quelli UE. Regoleremo cioè i conti con i vertici della Repubblica Pontificia.
Per vincere la “guerra interna” è importante che tra i promotori dell’antifascismo popolare ci sia una “memoria condivisa” sui motivi per cui l’Italia del dopoguerra è finita in mano ai democristiani ed è diventata un protettorato degli imperialisti USA. È stato grazie agli industriali e agli agrari, cioè a causa della loro forza, della repressione e della loro presa sulle masse popolari? Oppure perché dopo essersi messo (su indicazione dell’Internazionale Comunista) alla testa della lotta contro il nazifascismo, aver costretto tutte le forze borghesi a seguirlo su questa strada (era l’unica via possibile per tutte le forze che volevano avere voce in capitolo nel dopoguerra, come ebbe a dire il generale Raffaele Cadorna) e aver sconfitto i nazifascisti, il PCI diretto dai revisionisti moderni capeggiati da Togliatti si adattò ad abbandonare la lotta per instaurare il socialismo? Perché anziché guidare le masse popolari a continuare la lotta fino a instaurare un nuovo ordinamento sociale conforme ai loro interessi, il PCI presentò il nuovo regime borghese poggiante sul Vaticano e l’imperialismo USA come un regime fondato sul “potere popolare”, accettò di fare della Costituente e della elaborazione della Costituzione il terreno principale dello scontro tra le classi oppresse e le classi dominanti (che così guadagnarono tempo, consolidarono le proprie posizioni e a quel punto elusero le promesse e gli impegni scritti nella Costituzione, che restarono lettera morta salvo quelli imposti con dure lotte dalle masse popolari), liquidò via via la forza politica e militare che la classe operaia e le masse popolari avevano raggiunto con la lotta partigiana culminata nella Resistenza contro i nazifascisti (1943-1945)?
Noi oggi siamo nel pieno di quei cambiamenti oggettivi indicati da Lenin come caratteristici di una situazione rivoluzionaria: “1. impossibilità per le classi dominanti di conservare il loro dominio senza modificarne la forma; 2. un aggravamento maggiore del solito dell’angustia e della miseria delle classi oppresse e 3. in forza delle cause suddette, un rilevante aumento dell’attività delle masse”. Lenin però avvertiva anche che la rivoluzione nasce solo da quelle situazioni rivoluzionarie in cui a questi elementi oggettivi si aggiunge una trasformazione soggettiva: “la capacità della classe rivoluzionaria di compiere azioni rivoluzionarie di massa sufficientemente forti da poter spezzare (o almeno incrinare) il vecchio regime, il quale, anche in periodo di crisi, non ‘crollerà’ mai da sé se non lo si ‘farà crollare’”. Solo le masse popolari possono dare soluzione alle contraddizioni in cui si dibattono, ma sono in grado di farlo solo sotto la direzione dei comunisti e a patto che questi abbiano una comprensione abbastanza avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe e sulla base di questa la spingano avanti.
L’instaurazione del socialismo in un paese imperialista e per di più sede del Papato qual è l’Italia, anche solo un deciso salto di livello della rivoluzione socialista come la costituzione del Governo di Blocco Popolare, spezzerebbe la spirale distruttiva di guerre, epidemie, devastazione ambientale, miseria, abbrutimento in cui il dominio della borghesia imperialista trascina le masse popolari del mondo intero ed è anche l’aiuto principale che noi comunisti italiani possiamo dare alla rivoluzione negli altri paesi e a tutti i popoli che lottano per liberarsi dall’oppressione del governo di Washington e dei sionisti. Analogamente a come i comunisti russi con la rivoluzione culminata nell’insurrezione dell’Ottobre 1917, la creazione dell’Internazionale Comunista nel 1919 e la costituzione dell’URSS nel 1922 spezzarono il corso delle cose che aveva portato i grandi gruppi imperialisti mondiali a scontrarsi per decidere chi avrebbe dominato e sfruttato il mondo intero: in questo modo i comunisti russi diedero inizio alla prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale.
Il primo paese imperialista che romperà le catene della Comunità Internazionale degli affaristi, degli speculatori e dei guerrafondai USA, sionisti ed europei darà il via all’incendio che libererà il mondo dal sistema imperialista. Oggi porre fine al sistema imperialista mondiale è diventata una questione di sopravvivenza del pianeta e dell’intera umanità.
Spezzare la subordinazione del nostro paese alle imposizioni dell’Unione Europea, della NATO e dei sionisti d’Israele: è l’obiettivo comune di tutte le lotte delle masse popolari in corso nel paese!
Cacciare il governo Meloni e sostituirlo con un Governo di Blocco Popolare che agisca al servizio delle masse popolari organizzate: per ogni rivendicazione delle masse popolari esso è la condizione della sua soddisfazione!
Unire intorno a questo obiettivo la mobilitazione delle masse popolari che attualmente si esprime in molte lotte organizzativamente ancora distinte.
Rompere con la tendenza a limitarsi a resistere agli attacchi dei nemici e passare sempre più spesso all’attacco. Individuare il punto e il momento giusti, concentrare le forze, attaccare e strappare dei risultati, vincere! Imparare a capire dove, quando e come attaccare per vincere!