Teatro del Segno: domani (sabato 20 aprile) alle 20.30 al TsE di Cagliari “Perdifiato” di e con Michele Vargiu per “Teatro Senza Quartiere”
Una moderna epopea sportiva tra fatica e lotta, forza di volontà e passione con“Perdifiato / L’incredibile storia di Alfonsina Strada, l’unica donna a correre il Giro d’Italia”, uno spettacolo scritto e interpretato da Michele Vargiu, con i contributi di Giulio Federico Janni, Amanda Ricci, Laura Garau e Alice Melloni, per la regia di Laura Garau, produzione di Teatro Tabasco e MeridianoZero in cartellone DOMANI (sabato 20 aprile) alle 20.30 per il terzo appuntamento della seconda tranche della Stagione 2023-2024 di Teatro Senza Quartiere organizzata dal Teatro del Segno con la direzione artistica di Stefano Ledda e inserita nel progetto pluriennale “Teatro Senza Quartiere / per un quartiere senza teatro” 2017-2026.
Il ritratto di una campionessa delle due ruote, innamorata della bicicletta fin da bambina e decisa a inseguire il suo sogno, una ciclista professionista capace di sfidare in velocità e resistenza i suoi colleghi maschi (vincendone alcuni) oltre a affermarsi e stabilire dei records nelle gare femminili: Alfonsa Rosa Maria Morini, meglio conosciuta come Alfonsina Strada è stata una pioniera della parità nello sport, un’atleta dotata di straordinario talento che ha continuato a gareggiare e vincere, rivendicando il proprio diritto a competere nelle manifestazioni e superando così tabù e pregiudizi nell’Italia degli Anni Venti del Novecento, dove il ciclismo era ancora considerato uno “sport per soli uomini”. Il “diavolo in gonnella” che sfrecciava per i paesini della campagna emiliana si trasforma in una stella del mondo dello spettacolo, chiamata a esibirsi in circhi e varietà, anche grazie alla notorietà ottenuta in seguito alla sua partecipazione nel 1924, un secolo fa, al Giro d’Italia durante il quale conquista l’attenzione e le simpatie di giornalisti e pubblico, e afferma decisa: «Vi farò vedere io se le donne non sanno stare in bicicletta come gli uomini!».
La sua carriera inizia quando adolescente comincia a gareggiare a Torino, superando anche la famosa Giuseppina Carignano e guadagnandosi il titolo di “miglior ciclista italiana”, poi approda in Russia per il Grand Prix di Pietroburgo 1909 dove riceve una medaglia dallo zar Nicola II; nel 1911, a Moncalieri, stabilisce il nuovo record mondiale di velocità femminile, superando quello della francese Louise Roger, poi grazie all’interessamento di Fabio Orlandini, corrispondente della Gazzetta dello Sport da Parigi, partecipa con successo a diverse gare al Vélodrome Buffalo, al Vélodrome d’Hiver e al Parco dei Principi.
Si iscrive al Giro di Lombardia nel 1917, nel pieno della Grande Guerra, e corre accanto a Gaetano Belloni, Costante Girardengo e al belga Philippe Thys, che si classifica primo davanti a Henri Pélissier, mentre Alfonsina Strada arriva per ultima, a un’ora e mezzo dal vincitore, insieme con due ciclisti, Sigbaldi e Augé ma ben venti non terminano la gara. La presenza di una donna non passa inosservata, se ne parla come di una stravaganza, ma lei persevera, iscrivendosi prima alla Milano-Modena, ma ritirandosi ben presto a causa di una caduta, e partecipa di nuovo al Giro di Lombardia nel 2018, giungendo penultima su quarantanove (ma quattordici si ritirano) superando il comasco Carlo Colombo in un ultimo sprint.
Finalmente, spinta anche dalle necessità familiari dopo il ricovero del marito Luigi Strada, suo primo sostenitore, tanto che il regalo di nozze era proprio una bicicletta da corsa, Alfonsina Strada si iscrive al Giro d’Italia nel 1924: un tracciato lungo 3.613 chilometri per una gara in dodici tappe, che la ciclista, partita da Milano con il numero 72 cucito sulla divisa, affronta con impegno e determinazione. Nell’assenza di grandi campioni come Girardengo, Brunero, Bottecchia, la sua figura conquista idealmente le luci della ribalta e il pubblico segue con interesse la sua impresa e la accoglie con entusiasmo alla fine delle varie tappe, tanto che quando arriva in ritardo al termine della L’Aquila-Perugia, in seguito a forature e cadute, seppur squalificata come da regolamento, viene ammessa alle tappe successive, e riesce a tagliare il traguardo, unica donna dei trenta ciclisti, su un totale novanta partecipanti, che completano il Giro.
Una vittoria simbolica contro pregiudizi e luoghi comuni contro la partecipazione delle donne alle diverse discipline sportive, alla pari con gli uomini: a causa delle polemiche e del maschilismo imperante, Alfonsina Strada non partecipa alle successive adozioni del Giro d’Italia, ma riesce comunque a vincere ben trentasei gare in competizione con i colleghi maschi e conquista la stima la stima di campioni come Costante Girardengo.
La ciclista continua a correre anche su altre piste come sui palcoscenici del varietà, in Italia e all’estero, esibendosi anche al circo, con tournées in Spagna, Francia e Lussemburgo. Nel 1934, Alfonsina Strada partecipa al primo campionato del mondo femminile (non ufficiale) nel parco Josaphat di Schaarbeek (Bruxelles), ingaggiata dal club Montmartre Sportif: vince la belga Elvire De Bruyn, davanti a De Brock e all’olandese De Bree, mentre la campionessa italiana, ormai quarantatreenne, si classifica al quindicesimo posto. Nel 1937 a Parigi batte la campionessa francese Robin e nel 1938 a Longchamp stabilisce il record dell’ora femminile non ufficiale.
La ragazzina che a dieci anni, grazie a una vecchia bicicletta acquistata dal padre impara a muoversi e poi a correre, anzi a volare su due ruote con il suo esempio si fa promotrice di una vera e propria “rivoluzione” culturale.
“Perdifiato” di e con Michele Vargiu rende omaggio a una donna coraggiosa che tira avanti a testa alta senza lasciarsi distrarre dai pregiudizi, retaggio di un civiltà patriarcale: un monologo «energico e appassionato» dedicato a Alfonsina Strada, nata a Castelfranco Emilia, una cittadina di provincia nel 1891, figlia di braccianti, divenuta ciclista professionista sull’onda della passione per le due ruote, unica donna a correre nel Giro d’Italia. La pièce racconta «una storia di passione e di lotta, di muscoli e respiri spezzati», nel segno della parità e dell’emancipazione femminile, rievocando le difficili tappe di una gara lunga più di tremilacinquecento chilometri: “Perdifiato”disegna il ritratto di «una donna che corre in volata contro il maschilismo e il pregiudizio. Fino all’ultimo respiro».