(Adnkronos) – "In molte parti del mondo soggetti politici stanno aumentando i loro attacchi contro le donne, le persone Lgbtqia+ e le comunità marginalizzate, da sempre capri espiatori per ottenere consenso politico o successo elettorale. Tecnologie vecchie e nuove sono sempre più utilizzate come armi per aiutare forze politiche repressive a diffondere disinformazione, aizzare una comunità contro l’altra e attaccare le minoranze". E' quanto emerge dal rapporto 2023-2024 di Amnesty International che contiene un’analisi della situazione dei diritti umani in 155 stati. Il Rapporto 2023-2024 di Amnesty International nota l’uso in espansione delle tecnologie esistenti per rafforzare politiche discriminatorie. Secondo il rapporto "alcuni Stati – tra i quali Argentina, Brasile, India e Regno Unito – stanno facendo sempre più ricorso alle tecnologie di riconoscimento facciale per controllare le proteste di piazza così come gli eventi sportivi e per discriminare le comunità marginalizzate, soprattutto le persone migranti e rifugiate. Costretto da un’azione giudiziaria di Amnesty International, nel 2023 il dipartimento di Polizia di New York ha reso noto come aveva usato la tecnologia per sorvegliare le proteste del movimento Black Lives Matter". "Il nefasto uso del riconoscimento facciale non è mai stato così opprimente come in Cisgiordania, dove è stato impiegato dalle forze israeliane per rafforzare le limitazioni alla libertà di movimento e contribuire a mantenere in piedi il sistema dell’apartheid – emerge dal rapporto – In Serbia, l’introduzione di un sistema semiautomatico di previdenza sociale ha causato la fine dell’assistenza per migliaia di persone che ne avevano un bisogno vitale, soprattutto le comunità rom e le persone con disabilità, a dimostrazione di come un’automazione priva di controlli possa esacerbare le disuguaglianze". "Con milioni di persone in fuga dai conflitti in tutto il mondo, il rapporto rileva come le tecnologie siano state utilizzate per disumanizzare la gestione del fenomeno migratorio e il controllo delle frontiere, anche attraverso l'uso di strumenti elettronici alternativi alla detenzione, l'automazione delle tecnologie di esternalizzazione delle frontiere, software di raccolta dati e sistemi biometrici e algoritmici utilizzati per prendere decisioni – continua – La proliferazione di queste tecnologie perpetua e rafforza la discriminazione, il razzismo e la sorveglianza sproporzionata e illegale ai danni delle persone razzializzate". "Continua a mancare una regolamentazione sugli spyware, nonostante nel tempo siano state raccolte prove sulle violazioni dei diritti umani causate da tali prodotti ai danni di attivisti in esilio, giornalisti e difensori dei diritti umani. Nel 2023 Amnesty International ha scoperto l’uso dello spyware Pegasus contro giornalisti e attivisti della società civile in stati quali Armenia, Repubblica Dominicana, India e Serbia. Spyware prodotti e regolamentati all’interno dell’Unione europea sono stati liberamente venduti in giro per il mondo – osserva Amnesty International – Nell’ultimo anno la rapida crescita dell’intelligenza artificiale generativa ha trasformato il livello di minaccia posto dalla gamma di tecnologie già esistenti: dagli spyware all’automazione statale fino alla gestione dei social media via algoritmi". "Di fronte a questi rapaci passi avanti, i tentativi di regolamentazione sono rimasti ampiamente al palo. Un piccolo segnale di azione da parte dei politici europei è stata l’adozione, nel febbraio 2024, del Digital Service Act che, sebbene incompleto e imperfetto, ha avuto il merito di sviluppare un dibattito quanto mai necessario sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale", continua. “C’è un vasto abisso tra i rischi posti dall’avanzamento senza controlli delle tecnologie e dove dovremmo invece essere in termini di regole e protezioni. È questo il futuro che ci aspetta e sarà solo peggio se non verrà posto un freno alla rampante proliferazione di tecnologie prive di controlli”, ha commentato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International. L’organizzazione per i diritti umani "prevede che questi problemi aumenteranno in un anno elettorale così importante come il 2024, dato che il modello di business basato sulla sorveglianza domina le principali piattaforme social come Facebook, Instagram, TikTok e YouTube, agendo dunque come un catalizzatore di violazioni dei diritti umani nel contesto elettorale". “Le piattaforme social amplificano e diffondono odio, discriminazione e disinformazione grazie ad algoritmi ottimizzati per massimizzare l’ingaggio prima di ogni altra cosa. Creano un ciclo di feedback pericoloso, soprattutto in tempi di maggiore sensibilità politica. Questi strumenti possono generare immagini, audio e video sintetici nel giro di pochi secondi e colpire pubblici specifici in grandi numeri ma le leggi elettorali ancora non sono ancora adeguate a queste minacce. Finora abbiamo ascoltato troppe chiacchiere e visto poche azioni”, ha stigmatizzato Callamard. Nel 2023 Amnesty International ha denunciato l’uso di spyware contro noti giornalisti indiani. Le piattaforme social sono sempre più campi di battaglia politica. “Da tempo, i politici usano narrazioni manipolatorie come 'noi contro loro' per ottenere voti e aggirare legittime domande circa i timori per la sicurezza e l’economia. Tecnologie prive di regole, come il riconoscimento facciale, vengono usate per rafforzare la discriminazione. A ciò si deve aggiungere il modello di business basato sulla sorveglianza che alimenta questo fuoco d’odio consentendo a coloro che hanno cattive intenzioni di perseguitare, disumanizzare e amplificare pericolose narrative per consolidare il loro potere od ottenere consenso elettorale. Siamo di fronte a un’agghiacciante prospettiva di cosa ci aspetta se gli sviluppi della tecnologia sorpasseranno rapacemente le richieste di assunzione di responsabilità”, ha continuato Callamard. —internazionale/[email protected] (Web Info)
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