CERAMICA – Tipica, di design e moderna: 118 realtà e oltre 200 addetti. La ceramica sarda tra tradizione e nuove normative europee. Marco Franceschi (Segretario Confartigianato Oristano): “Promuovere le realtà territoriali e rendere le produzioni attrattive per tutta l’Isola”.
Ceramica -Tipica, di design e moderna 118 realtà e oltre 200 addetti in Sardegna
Sono 118 le imprese che in Sardegna si occupano di fabbricazione di
prodotti in ceramica e porcellana per uso moderno o tradizionale.
Circa 200 gli addetti. Del totale delle attività ben 100, l’84,7% sono
artigiane. Le aziende gestite dalle donne sono il 47,2%. L’Isola, con
questi numeri, si classifica al 9° posto in Italia per consistenza del
comparto che al primo posto vede la Sicilia con 484 realtà, seguita
dalla Campania con 433, mentre è al primo posto come incidenza delle
imprese artigiane. Il panorama delle produzioni è vario: pezzi
artistici e vasellame, di uso domestico e da toletta, ma anche
statuette e articoli ornamentali, vasi, brocche e recipienti
utilizzati per trasporto o confezionamento di merci, articoli sanitari
e pezzi isolanti.
E’ questo, in sintesi, ciò che emerso dal dossier realizzato
dall’Ufficio Studi di Confartigianato Sardegna, dal titolo “Ceramica
ad alta vocazione artigiana in Sardegna”, che ha analizzato i dati di
UnionCamere-Infocamere e Istat del 2023, che è stato presentato dal
Segretario di Confartigianato Imprese Oristano, Marco Franceschi,
durante la tavola rotonda dal titolo “Artigianato nella nostra storia
rurale. Arti e mestieri”, organizzata dal Comune di Ollastra (OR),
nell’ambito delle iniziative della “Fiera di San Marco”.
A livello territoriale, 55 imprese (47 artigiane) operano nella
vecchia provincia di Cagliari, 32 realtà (29 artigiane) in quella di
Nuoro, 23 in quella di Sassari-Gallura (17 artigiane) e 8 a Oristano
(7 artigiane).
“Creare sinergie e reti sulla ceramica sarda, artistica e di design ma
anche tipica e tradizionale, rappresenta quel valore aggiunto di cui
abbiamo bisogno per valorizzare le eccellenze isolane – ha affermato
Marco Franceschi, Segretario di Confartigianato Imprese Oristano,
durante il suo intervento – c’è la volontà di promuovere le realtà
territoriali e rendere questi prodotti elementi distintivi e altamente
attrattivi di tutta l’Isola”. “Con l’approvazione e l’avvio del
percorso attuativo del Regolamento sulle indicazioni geografiche per i
prodotti artigianali, anche per la ceramica ad alta vocazione
artigiana si apre uno dei più importanti capitoli fortemente
caratterizzati da un legame inscindibile e duraturo con i territori –
ha proseguito il Segretario di Confartigianato Imprese Oristano – si
tratta di specificità che testimoniano la storia e la tradizione delle
nostre produzioni e che, contemporaneamente, esprimono la capacità di
innovarsi e di affrontare costantemente le sfide del cambiamento nei
mercati”. “La valorizzazione e la protezione delle indicazioni
geografiche tipiche – ha sottolineato Franceschi – non è una
rivendicazione sterile, ma un modo per rendere riconoscibile un modo
di vivere, di pensare, di credere, di agire, di intraprendere, di
produrre, di modificare il mondo intorno a noi, come parte integrante
della nostra contemporanea identità culturale”.
Caro energia – Il settore della ceramica fa parte dei comparti
manifatturieri a maggiore intensità energetica insieme ad alimentare,
carta, chimica, gomma e materie plastiche, metalli, vetro e cemento.
Per questo nel settore il 68% delle imprese ha adottato buone pratiche
nel digitale nel 2023 mentre ben il 40,3% delle aziende ha investito
in prodotti e tecnologia per il risparmio energetico (67,5%
miglioramento del processo produttivo, 61% miglioramento del prodotto
finale, 28% riduzione consumo di energia e materiale)
A livello nazionale le imprese della ceramica generano un fatturato di
450 milioni di euro, di cui il 62,4% viene esportato (quota superiore
di 16,0 punti percentuali rispetto al 46,5% del Manifatturiero), ed un
valore aggiunto di 182 milioni di euro. Per quanto riguarda
l’occupazione, il comparto della ceramica conta 5.815 addetti, di cui
3.511 sono nell’artigianato rappresentando il 60,4% degli addetti del
comparto.
Nel loro complesso, le micro e piccole imprese (MPI) originano l’82,3%
dell’occupazione, il 62,0% del valore aggiunto ed il 55,8% del
fatturato del settore.
Nel 2023 nelle professioni legate alla produzione di ceramica le micro
e piccole imprese richiedono 860 lavoratori, di cui 540, pari al 62,8%
sono di difficile reperimento, quota che supera di 14,7 punti il 48,1%
del totale entrate in MPI.
Oltre 4 imprese della ceramica su 10 sono guidate da donne. Il
comparto ha una elevata presenza di imprese femminili: si tratta di
1.132 imprese attive che rappresentano il 41,6% delle imprese del
comparto, quasi il doppio del 22,7% del totale economia e oltre il
doppio rispetto al 18,0% del Manifatturiero. Tra le maggiori regioni
per imprese del comparto della ceramica, la quota di imprese femminile
nella ceramica è più elevata e superiore alla media in Emilia-Romagna
con il 51,0%, Sardegna con il 47,2% e Lombardia con il 45,3%.
Il made in Italy della ceramica. Secondo le ultime evidenze
disponibili relative ai 12 mesi terminanti a novembre 2023, le
esportazioni del comparto della ceramica ammontano a 318 milioni di
euro, di cui 233 milioni in prodotti in ceramica per usi domestici e
ornamentali (73,3%) e 85 milioni in altri prodotti in ceramica
(26,7%).
L’Italia è il 6° esportatore europeo del comparto della ceramica con
una quota dell’8,7% sul totale Ue. In chiave dinamica, nei primi 11
mesi del 2023 le vendite del made in Italy crescono del 2,1%, in
controtendenza rispetto al -2,8% della media Ue. In crescita le
vendite nei primi tre mercati: Germania a +7,3%, Francia a +3,0% e
Stati Uniti a +1,6%.
“L’avvio del percorso di riconoscimento delle IIGG – ha concluso il
Segretario di Confartigianato Oristano – avrà, quindi, un ruolo
fondamentale per mantenere alta la competitività del made in Italy,
mettendo in evidenza le produzioni realizzate da aziende radicate sul
territorio, con tradizioni manifatturiere secolari, capacità di
proporre prodotti che si adattano alle esigenze della clientela,
superando la logica della standardizzazione. Per questo, siamo
orgogliosi di essere “attori indispensabili” di questo processo
affinché il percorso di attuazione del Regolamento comunitario 2411
del 2023 possa prendere rapidamente il suo cammino”.
L’artigianato artistico della Sardegna.
Tolto il settore della ceramica, l’artigianato tipico e tradizionale
della Sardegna, pur rappresentando una piccolissima parte di tutto il
comparto, rappresenta l’immagine vera e propria della cultura e delle
radici dell’Isola. E’ la sensazione che gli altri hanno della nostra
regione. Le imprese regolari sono poche (prevalentemente oreficeria,
tessuti, ceramiche, legno, pelle, metalli non preziosi, coltelleria,
vetro, pietra, intreccio), in rappresentanza di meno dell’1% di tutto
l’artigianato regionale. Con una media di 2,2 addetti per azienda,
possiamo contare circa 400 addetti ufficiali. Il valore aggiunto
(stimato) è di circa 95 milioni di euro (diretto, indotto e nero) con
un valore aggiunto, sul totale dell’artigianato sardo, del 4,4%. Il
valore dell’export (tra certificato e stimato) di prodotti in legno e
sughero, coltelleria, mobili, tessuti, porcellana, ceramica, vetro,
vale oltre 25 milioni di euro. Due i punti dolenti del settore: le
1500 “entità” non regolari, non registrate alle Camere di Commercio, e
il “falso”, circa il 50% dei prodotti non è di produzione regionale.
In 5 anni sono arrivati in Sardegna oltre 27 milioni di euro di
prodotti contraffatti (la maggior parte oreficeria).
L’artigianato artistico costituisce un grande patrimonio culturale ed
economico e rappresenta nel mondo l’emblema del gusto, della
creatività, dell’unicità del made in Sardegna. Il “fatto ad arte
sardo”, per la sua capacità di essere pezzo unico e su misura è per la
nostra regione un’enorme risorsa creativa e reattiva contro
l’omologazione del gusto indotta dalla globalizzazione e rappresenta
la difesa della memoria, dell’identità e della diversità. Ma
l’artigianato d’arte, è anche tra i settori a maggiore rischio
d’estinzione, a causa degli alti costi d’impresa, delle difficoltà
burocratiche e degli oneri nella trasmissione dell’attività e nella
formazione dei giovani, dei problemi nella commercializzazione e del
fenomeno, come abbiamo detto, della contraffazione.
L’attività artigiana delle imprese del tipico e tradizionale sardo,
nei vari territori, è importante dal punto di vista dell’attrattività
e del mantenimento della tradizione e della memoria. Di certo con
possiamo dire altrettanto per il valore economico che questo settore
porta in dote.
La maggior parte di queste micro attività troppe scompaiono nel
silenzio perché non reggono il ritmo delle produzioni industriali e
perché, se economicamente valide, la loro diffusione commerciale è
limitata. Da anni diciamo che tali professionalità avrebbero bisogno
di due elementi basilari: i fondi e le strutture. Il primo fattore
servirebbe a riequilibrare economicamente l’attività, ovvero renderla
competitiva da punto di vista commerciale, affinché mantenga la
propria identità artigianale, mentre il secondo sarebbe necessario per
farla “vivere”, esercitandola, ad esempio, in contesti che stiano
all’interno di spazi espositivi.
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