Sanita’ Penitenziaria
Sanita’ Penitenziaria: Di Nuovo A Rischio Servizio 118 H24 Per 650 Detenuti E Operatori Carcere Cagliari. “La sanità penitenziaria nella Casa Circondariale di Cagliari-Uta si caratterizza per condizioni di estrema precarietà e non è in grado di garantire, soprattutto per alcune specializzazioni, la continuità terapeutica a 650 detenuti.
Ultimamente è ritornato anche l’incubo dell’azzeramento del servizio 118 gettando nel panico i familiari delle persone private della libertà, i detenuti e gli operatori penitenziari. Senza la presenza di uno specialista dell’emergenza h24 le persone chiuse in cella, in caso di serie improvvise crisi, potrebbero non avere scampo”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme ODV”, dando voce alla preoccupazione rappresentata da alcuni familiari di detenuti.
“I bisogni di salute – sottolinea – non possono essere soddisfatti con 18 ore settimanali per l’odontoiatra e 3 dell’oculista, con l’assenza delle figure professionali del neurologo, dell’ecografista, dell’ortopedico e del cardiologo, quest’ultima una figura particolarmente importante anche per l’accesso in ospedale dei pazienti. Anche gli infermieri e gli OSS sono insufficienti. Per l’osservazione psichiatrica non c’è nessun operatore sanitario in più. Insomma a ben guardare con le persone private della libertà si fanno le nozze con i fichi secchi in barba al diritto alla salute. Chi è in carcere, nonostante l’art.32 della Costituzione, non può scegliere dove e quando farsi curare. Né può uscire con facilità in casi di emergenza”.“Nella Casa Circondariale di Cagliari-Uta, distante dal capoluogo di regione 23 chilometri, dovrebbero prestare servizio Medici di Medicina Generale e operatori della Medicina d’urgenza. Le ore a disposizione dei primi, per soddisfare i bisogni, non sono sufficienti, ma in qualche modo è possibile rimediare. Con la Medicina di Emergenza, che fa capo all’AREUS, ciò non è possibile perché i tempi di intervento per salvare una vita si riducono a pochi minuti, se non secondi. Senza dimenticare che le condizioni emergenziali devono essere affrontate con manovre specifiche, come l’intubazione, non alla portata di tutti i medici”.
“Non si dimentichi che stiamo parlando di un ambiente dove purtroppo la precarietà è una costante, sia per il numero delle persone sia per la tipologia nonché per la distanza dai presidi ospedalieri. Si tratta di pazienti chiusi in cella. L’attuale rischio è rappresentato dal fatto che due medici sono in procinto di lasciare l’incarico per raggiunti limiti d’età. Un’assenza che non può essere colmata a posteriori e con i tempi burocratici caratteristici del sistema”.