Violenza ostetrica: l’indagine del Parlamento britannico
Fin dal primo momento in cui una donna scopre che una nuova vita sta crescendo dentro di lei, inizia a fronteggiare profondi cambiamenti, sia fisici che psicologici. In questo viaggio, carico di emozioni e preoccupazioni, le donne vengono davvero aiutate, ascoltate e supportate?Secondo l’indagine del Parlamento britannico sul Birth trauma, non è così. L’indagine ha raccolto 1300 testimonianze di persone che hanno avuto un parto traumatico. I temi più comuni emersi dall’indagine includono: mancato ascolto, mancanza di informazioni, scarsa comunicazione, mancanza di sollievo dal dolore, mancanza di gentilezza, problemi di allattamento al seno, assistenza postnatale.
“Le storie raccontate dai genitori erano strazianti- si legge nel rapporto– Includevano resoconti di bambini nati morti, parto prematuro, bambini nati con paralisi cerebrale causata dalla privazione di ossigeno e lesioni che cambiano la vita alle donne a causa di gravi lacerazioni. In molti di questi casi, il trauma è stato causato da errori e fallimenti commessi prima e durante il travaglio”.
Parole come terrorizzata, vergogna, umiliazione e imbarazzo vengono menzionate ripetutamente. La parola “rotto” appare in 328 contributi. Molte donne sono state derise, sgridate e sottoposte a interventi senza il loro consenso.
“Dopo la nascita, – continua il rapporto – le donne hanno scritto di non essere in grado di accedere all’aiuto di base nel reparto postnatale, anche se erano troppo malate o deboli per sollevare il loro bambino. Anche i partner hanno scritto di essere stati ignorati dal personale e lasciati all’oscuro di ciò che stava accadendo. I tentativi dei genitori di ottenere risposte dopo un parto difficile in cui sono stati commessi errori spesso si traducono in tentativi di coprire o minimizzare il danno causato”.
Cos’è la violenza ostetrica?
La violenza ostetrica si può manifestare in diverse forme, come abusi fisici, psicologici e verbali da parte del personale medico e sanitario che assistono la donna e il neonato. Questo può verificarsi durante il periodo di gravidanza, del parto e del post-parto. Questo fenomeno, purtroppo diffuso in tutto il mondo, rappresenta una grave forma di violenza di genere e costituisce una violazione dei diritti umani delle donne in uno dei momenti in cui sono più vulnerabili. La violenza ostetrica è ancora un argomento poco trattato e sottovalutato.
La dichiarazione intitolata “La prevenzione ed eliminazione dell’abuso e della mancanza di rispetto durante l’assistenza al parto presso le strutture ospedaliere” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), riporta i trattamenti irrispettosi verso le donne durante il parto:
- l’abuso fisico diretto,
- la profonda umiliazione e l’abuso verbale,
- le procedure mediche coercitive o non acconsentite (inclusa la sterilizzazione),
- la mancanza di riservatezza,
- la carenza di un consenso realmente informato,
- il rifiuto di offrire un’adeguata terapia per il dolore,
- gravi violazioni della privacy,
- il rifiuto di ricezione nelle strutture ospedaliere,
- la trascuratezza nell’assistenza al parto con complicazioni altrimenti evitabili che mettono in pericolo la vita della donna,
- la detenzione delle donne e dei loro bambini nelle strutture dopo la nascita connessa all’impossibilità di pagare
Inoltre, alcune categorie di donne sono più esposte a subire violenza ostetrica, come adolescenti, donne non sposate, donne in condizioni socio-economiche sfavorevoli, donne appartenenti a minoranze etniche, o donne migranti e donne affette da l’HIV.
#Ancheame, il movimento contro la violenza ostetrica
Nasce il movimento contro la violenza ostetrica, grazie all’iniziativa di 14 donne (attiviste, giornaliste, avvocate, comunicatrici, mediche e madri) con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e dare voce alle donne e madri che hanno subito violenza ostetrica e di “presentare una proposta di legge volta a regolamentare gli ambienti dedicati alla maternità, alla genitorialità e alla salute intima, e la formazione del personale adibito secondo criteri specifici che non lascino margine di libera interpretazione” si legge nel manifesto pubblicato sulla pagina instagram #ANCHEAME.
Il movimento ha dato voce a tantissime donne che hanno subito violenza e che per troppo tempo sono rimaste in silenzio, per paura, per vergogna e perché, purtroppo, questa violenza è considerata “normale”.
Nella pagina instagram si possono leggere alcune testimonianze di donne che hanno avuto il coraggio di raccontare:
“Arrivo in ospedale alle 2 del mattino con forti dolori: avevo rotto le acque! Mi fanno il monitoraggio, a seguito del quale si scopre che ero dilatata di 2cm. “Sei una primipara! Ci vorrà anche un giorno! Torna a casa!”
Chiedo di restare, ma no, non si può. Torno a casa. Mi sono fatta il travaglio sul divano, non capendo più cosa fosse una contrazione forte o fortissima. Alle 8 piango, urlo, mi dispero, non ce la faccio più! Il mio compagno mi solleva di peso e mi riporta in ospedale. All’arrivo ero di 9cm e non ho nemmeno più potuto fare l’epidurale.
La testa del bambino era molto grande e cominciano a tagliarmi, senza alcuna anestesia e ad usare anche la ventosa. Il bambino finalmente nasce alle 10,20. Un travaglio molto corto, a differenza di quello che potevano pensare loro. Una degenza orrenda, della quale se volete, vi parlerò ulteriormente. Torno finalmente a casa e non mi alzo per un mese. Quando vado dalla mia ginecologa scopro di avere 32 punti.
Durante la degenza, chiedevo antidolorifici e piangevo per il dolore.
Mi hanno sempre detto “non essere esagerata, mamma!”
Sono alla mia seconda gravidanza, ovviamente cambierò ospedale, ma sono comunque terrorizzata per quello che potrebbe comunque succedermi”.
“Da quando abbiamo aperto questa pagina, ci sono arrivate moltissime testimonianze. Vorremo ringraziare tutte le persone che si sono fidate di noi, che hanno trovato la forza e il coraggio di condividere la propria storia perché sappiamo che non è facile, ma sappiamo anche che è lo strumento più potente che abbiamo per cambiare le cose. Quella che leggete in questo post è solo la prima di una serie di testimonianze che condivideremo ogni settimana per tenere alta l’attenzione sul tema e chiarire una volta per tutte quanto la proposta di legge a cui stiamo lavorando sia fondamentale”.
“Ora, insieme a tante, scelgo di dire basta: SCELGO DI USCIRE DAL SILENZIO, DI RACCONTARE LA MIA STORIA, DI NON STARE ZITTA, perché tutto questo è successo #ANCHEAME”
Per sapere di più sul movimento https://www.instagram.com/ancheame_/
Giulia Mascia