Le ultime due serate del Cala Gonone Jazz Festival sono un inno alla libertà
Suleiman, Jalal e El’Zabar nel segno della musica e rivoluzione. Storie e culture differenti si intersecano nel racconto della propria terra e delle lotte per i diritti
La seconda serata del Cala Gonone Jazz Festival con Coro Eufonìa, Sofia Bianchi e Paolo Angeli, è stata l’occasione per conoscere più da vicino la tradizione orale della Sardegna, narrata e cantata. Dalle leggende sino all’espressione corale riadattata a un contesto moderno e di più ampio respiro, la prova di direzione del Maestro Lisei con le composizioni di Giulio Piras, ha fornito al coro gavoese gli strumenti per creare dissonanze e comunione tra canto tradizionale e forme espressive aperte a commistioni con altre forme canore conosciute e affini.
Paolo Angeli, chitarra sarda preparata e loop station, ha invece dedicato la sua poliedrica e ricercata esibizione agli attivisti che “stanno presidiando la nostra terra contro la speculazione delle rinnovabili. Noi non siamo contro l’economia green, ma contro lo sfruttamento e il neocolonialismo”.
Questo è il filo conduttore di quest’anno “A Piece Of Shelter”, un rifugio sicuro dove gli artisti raccontano lotte collettive in un contesto sicuro e liberi di esprimere le proprie istanze.
Si continua stasera con Urban Gipsy, per l’occasione in duo. Una formazione proveniente dall’Ucraina e specializzata in jazz-manouche.
Seguirà il pianista palestinese Faraj Suleiman in quartetto, che porterà sul palco un repertorio jazz originale, influenzato dalle sonorità della sua terra e della musica araba.
Chiude Dj Cris Feat. Jacopo Tore con Orizuru.
Alle Grotte del bue Marino, domenica 21 luglio, il duo Quest of Invisible, capitanato dalla flautista franco-siriana Naissam Jalal.
La partenza è dal molo di Cala Gonone alle 11,00.
La virtuosa del flauto accompagnata dal violoncello di Lina Belaid, presenta Quest of Invisible alle Grotte del Bue Marino.
Da diversi anni, la flautista, vocalist e compositrice rivela un universo musicale personale e vibrante che, sia nella sostanza che nella forma, dà pieno significato alla parola libertà. In una ricerca e una curiosità costantemente rinnovate, l’artista franco-siriana brilla per la sua virtuosistica capacità di tessere legami tra diverse culture musicali e campi estetici. Nata a Parigi da genitori siriani, Naïssam Jalal entra al conservatorio all’età di 6 anni per studiare flauto classico. A 17 scopre l’improvvisazione e, dopo aver conseguito il diploma, lascia la Francia alla ricerca delle sue radici. Si stabilisce quindi prima a Damasco e poi al Cairo per studiare con il grande maestro violinista Abdu Dagher.
Palco movimentatissimo per questa ultima serata all’Arena Palmasera.
La pianista e cantante jazz italiana Francesca Tandoi ad aprire la serata prima del piatto forte. La Tandoi è stata acclamata dalla critica e dai colleghi come una stella nascente del jazz e uno dei giovani talenti più affascinanti della scena jazz internazionale. Studentessa talentuosa, in pochi anni ha potuto vantare prestigiose collaborazioni. Per citarne alcuni: Scott Hamilton, Philip Harper, Owen Hart jr., Joe Cohn, Anthony Pinciotti, Jason Brown, Daryll Hall, Lee Pearson, Darius Brubeck, Dave Blankhorn, Florin Nicolescu, Marjorie Barnes, Sergey Manukyan.
A seguire Kahil El’Zabar’s Ethnic Heritage. La storica formazione americana dedica i cinquant’anni di carriera alla grande musica nera. “Open Me, A Higher Consciousness of Sound and Spirit” un gioioso omaggio alle nuove e portentose direzioni dell’Ethnic Heritage Ensemble; un viaggio visionario nelle radici profonde e nei percorsi futuri, incanalando tradizioni vecchie e nuove.
Mescola le composizioni originali di El’Zabar con classici senza tempo di Miles Davis, McCoy Tyner ed Eugene McDaniels. Pertanto, l’Ethnic Heritage Ensemble continua ad affermare la propria indelebile presenza di mezzo secolo all’interno del continuum della Grande Musica Nera.