Nursing Up De Palma: “PNRR Missione Salute: serviranno 40mila professionisti sanitari in più entro la fine del 2026 per gestire il piano di rilancio della sanità territoriale. Le risorse dell’Europa, per legge, possono solo finanziare la realizzazione di infrastrutture e l’acquisto di attrezzature.
Dove reperiremo i fondi per sostenere l’indispensabile assunzione “dell’esercito di professionisti” di cui Case di Comunità e Ospedali di Comunità hanno bisogno?
Nursing Up De Palma: “PNRR Missione Salute: serviranno 40mila professionisti sanitari in più entro la fine del 2026 per gestire il piano di rilancio della sanità territoriale”
ROMA 1 LUG 2024 – «Il 2026, termine di scadenza per completare l’iter progettuale del Piano Nazionale di Resilienza, non è poi così lontano. Per quanto riguarda la Missione Salute e il rilancio della sanità territoriale, non smetteremo mai di sottolineare di essere di fronte ad una straordinaria opportunità, viste le ingenti risorse a disposizione, che però potrebbe anche trasformarsi, e non lo vorremmo mai, nella più amara delle occasioni perse.
I numeri di report autorevoli, che corroborano le nostre indagini, non mentono e fomentano le nostre legittime preoccupazioni.
Servono ad oggi ben 40mila professionisti sanitari in più per garantire la gestione quotidiana delle cure che Ospedali di Comunità e Case di Comunità devono offrire alla collettività in termini di prestazioni.
Di questi professionisti che mancano all’appello, poco meno della metà sono infermieri (circa 15mila).
E’ bene ricordare che il PNRR, nell’ambito della Missione 6 Salute, per legge, con i suoi fondi, può sostenere “solo” l’ammodernamento, l’acquisto e la creazione di strutture e macchine per la nuova medicina territoriale.
“A far funzionare le nuove realtà sanitarie” dovranno però pensarci medici, infermieri, tecnici, operatori sociosanitari, amministrativi. Siamo di fronte, quindi, ad un vero e proprio esercito di professionisti che al momento rappresentano solo una “suggestiva ipotesi”, visto che, di fatto, non si sa se davvero saranno reperiti nel numero sufficiente indicato dal piano programmatico delle neonate strutture, e soprattutto da chi saranno contrattualizzati e da dove arriveranno i fondi per le retribuzioni delle loro indispensabili attività.
Dove andremo senza il giusto numero di professionisti sanitari? Senza investire nei talenti e nelle competenze? Senza garantire, a partire dalle università, il giusto ricambio generazionale?
Si tratta di riflessioni doverose che l’imminente scadenza del PNRR ci impone di fare».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Si fa tanto parlare di abbattimento delle liste di attesa, un obiettivo realizzabile solo ed esclusivamente aumentando il numero delle prestazioni e dei servizi, e naturalmente garantendo indispensabili incentivi economici a tutti i professionisti del comparto, come abbiamo indicato di recente in audizione al Senato, e non certo solo ai medici, visto che a mancare, non smetteremo mai dirlo, sono prima di tutto gli infermieri.
In parole povere servono al momento ingenti risorse su ben due fronti: da una parte le aziende sanitarie devono finalmente colmare gli organici degli ospedali ridotti all’osso, per sostenere il rilancio della sempre più fatiscente sanità pubblica e per snellire così le liste di attesa. E tutto questo non è certo semplice alla luce della carenza strutturale già acclarata di 175mila infermieri.
Soprattutto non è immaginabile senza la legittima valorizzazione economica dei professionisti che già ci sono.
Dall’altra è necessario assumere ben 40mila professionisti sanitari in più, che dovranno gestire il rilancio della sanità territoriale, previsto dalla Missione 6 del Pnrr, con la nascita di nuove realtà strutturali come le Case di Comunità e gli Ospedali di Comunità.
Allo stato dell’arte tutto questo appare davvero molto arduo da realizzare, anche se certamente non impossibile.
Il motivo dei nostri dubbi è quello citato all’inizio, sempre che questo Governo, naturalmente, riesca a rispettare i tempi previsti dall’Europa: con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si può solo finanziare la realizzazione di infrastrutture, materiali e digitali, non si può invece sostenere la spesa per la gestione dei servizi, questo è bene si sappia.
La “Missione 6 – Salute” non fa eccezione: sono 15,63 i miliardi di euro destinati alla Riforma dell’assistenza territoriale e l’Innovazione del Servizio sanitario nazionale che, nelle intenzioni del Governo, promettono di ricostruire la relazione di prossimità tra cittadini e servizi per la salute dopo la tragica esperienza della pandemia da COVID-19, da cui sono emersi tutti i limiti operativi di un sistema sanitario fondato sulla centralità ospedaliera.
Ma se il Governo, dall’Europa, può avere i fondi per pagare le strutture, ma non certo il personale, a chi passerà la patata bollente? Noi prevediamo alle Regioni.
Certo è che il tempo che trascorrerà dal 1 luglio al 31 dicembre 2026 sarà dedicato alla realizzazione materiale delle strutture e all’acquisto dei macchinari e delle apparecchiature necessari all’attivazione dei servizi.
Insomma, le premesse, lasciatelo dire, sono tutt’altro che rosee.
Prendiamo le Case di Comunità. Ciascuna struttura, che è punto di accesso al servizio sanitario e dove sono erogate le cure primarie, necessita di: 8 infermieri di famiglia; 10 medici di medicina generale; 5 amministrativi. Su base nazionale, quindi 29.411 unità. Il Governo, però, prevede di assumere solo 2.363 infermieri, con un costo annuo calcolato di 94,5 milioni di euro. Questo emerge dalla relazione inviata alla Ue nel 2021: e ci risulta che da allora nulla si cambiato. E gli altri professionisti?
Scenario assai simile si prospetta per gli Ospedali di Comunità, dove si realizzerà il ricovero breve di pazienti che necessitano di interventi a bassa/media intensità clinica: dovranno garantirsi 4.5 ore di assistenza medica al giorno per 6 giorni e la presenza di 9 infermieri e 6 operatori sociosanitari per ogni giornata di lavoro all’interno di ogni struttura.
Fatte le somme si arriva a: 534.924 ore di assistenza, 3.429 infermieri e 2.286 OSS.
Il contesto operativo è tutt’altro che sovradimensionato: negli ultimi dieci anni, l’organico del SSN si è ridotto del 6% a causa del blocco del turn over e dei tetti imposti alla spesa per il personale; in media vanno in pensione 20.000 tra medici e infermieri ogni anno, e solo una parte limitata viene sostituita con nuove assunzioni.
Se la nuova sanità territoriale sarà sostenibile dal punto di vista finanziario e operativo, e in che modo lo sarà, lo verificheremo con mano a partire dal primo gennaio 2027.
Nel complesso per le Case di Comunità serviranno circa 11mila infermieri in più, mentre ne serviranno quasi 4mila per gli Ospedali di Comunità.
Fino a oggi il crono programma concordato con l’Unione europea è stato rispettato, anche perché gli obiettivi da raggiungere entro il 30 giugno erano tutti “su carta”: decreti ministeriali, documenti di programmazione, accordi istituzionali, eccetera.
Ora si entra nella fase attuativa e in quella della contrattazione di dettaglio tra Governo e Regioni, per individuare modalità e risorse, umane e finanziarie, da dedicare al piano di rilancio della sanità di prossimità. Insomma, i nodi stanno davvero per arrivare al pettine!», conclude De Palma.