Salute, professionisti sanitari stranieri. Amsi tende la mano al nuovo Governo della Sardegna
Aodi: «Siamo disposti ad aiutare tutte le Regioni che ne hanno bisogno, selezionando prima di tutto professionisti che già lavorano da anni da noi, a condizione però di retribuzioni adeguate. I medici stranieri non sono professionisti di serie B e non possono essere considerati l’ultima scelta, quella tappabuchi, quando, come avviene ora, la crisi di personale è ad un punto di non ritorno».
ROMA 1 LUGLIO 2024 – Negli ultimi giorni il nuovo Governo della Regione Sardegna, territorio sempre più afflitto da una carenza di professionisti sanitari che sta minando nel profondo la qualità delle cure, apre alla possibilità di assumere medici di origine straniera, valutando l’ipotesi, così come sta facendo l’assessore al Welfare, Guido Bertolaso, in Lombardia, di ingaggiarli dall’estero.
In merito a tale situazione, specchio fedele della crisi e della voragine di personale che attanaglia tutte le aziende sanitarie, da Nord a Sud, arrivano le riflessioni dell’Amsi, Associazione Medici Stranieri in Italia, attraverso la voce del Presidente, Prof. Foad Aodi.
Salute, professionisti sanitari stranieri. Amsi tende la mano al nuovo Governo della Sardegna
«Noi siamo sempre disposti ad aiutare le Regioni in difficoltà, in particolare con il nuovo Governo della Sardegna, con cui abbiamo già ottimi rapporti, offriamo sin da ora la nostra massima collaborazione. Anche se dobbiamo evidenziare che con i Governi della Sardegna, quelli naturalmente precedenti, abbiamo collezionato una serie di risultati negativi che speriamo non si ripetano, alla luce del nostro impegno che va avanti da oltre 10 anni. Più volte, con i Governi precedenti, avevamo dato la disponibilità alla Sardegna di numerosi professionisti pronti a lavorare sull’isola, tra cui ben 100 medici provenienti dalla Giordania, forti di un alto livello di specializzazioni. Non abbiamo mai ricevuto risposta.
Per il bene della sanità italiana, per quello dei professionisti sanitari e per la qualità della tutela della salute dei pazienti, confidiamo sin da ora di aprire un canale di collaborazione con il nuovo Governo sardo, così come con tutte le Regioni che hanno bisogno di medici e infermieri stranieri, confidiamo che le cose questa volta vadano in modo differente.
Noi ci siamo sempre, per tutte le regioni che ne hanno bisogno, seppur le nostre riflessioni sulla crisi della sanità italiana e sulla carenza di personale, giunta ad un punto di non ritorno, sono doverose.
Tutti i governatori regionali, da Nord a Sud, avrebbero dovuto ascoltare l’allarme dell’AMSI, questo è sicuro. La prima volta che abbiamo chiesto ufficialmente censimento per quanto riguarda la mancanza dei professionisti della sanità e programmare il futuro in base a questa necessità è stata nel 2003.
Purtroppo non ci si è resi conto della situazione che è molto grave. Si è continuato a girare intorno al problema, ma non è stato mai affrontato con una vera soluzione. Bisogna prima coinvolgere i professionisti della sanità di origine straniera, già integrati nel nostro sistema sanitario, che stanno qui in Italia. Poi certamente valutare di assumerli dall’estero se necessario.
La politica si dia finalmente una scossa. Si attivi per regolarizzare e valorizzare la posizione di tutti i professionisti sanitari, sia quelli italiani, che quelli di origine straniera. Occorre adeguare gli stipendi, regolarizzare i contratti scaduti combattendo il precariato, offrire assunzioni a tempo indeterminato, combattere la medicina difensiva e fermare le aggressioni. Tutto questo porterà, ne siamo certi, ad una graduale diminuzione delle fughe all’estero e delle dimissioni volontarie.
Occorre programmare le specializzazioni, combattere la fuga dal pubblico e l’esodo all’estero e capire quali sono i motivi, far specializzare tutti quelli che si laureano in medicina, intensificare la collaborazione tra tutti gli albi professionali, non andare uno contro l’altro.
Con la disorganizzazione e l’immobilismo purtroppo, rispetto al 2020, siamo andati incontro all’aumento del 35% della discriminazione nei confronti dei professionisti della sanità, perché quando si dice che non sono competenti, non sanno la lingua italiana o altro, nell’opinione pubblica poi nascono forti pregiudizi».
Numerose sono le Regioni che in questi anni hanno cominciato a manifestare interesse per assumere professionisti sanitari di origine straniera, tra cui Lazio, Sicilia, Lombardia, Veneto, Calabria, Piemonte, la stessa Sardegna, e hanno attivato collaborazioni con l’AMSI.
L’Associazione Medici di Origini Straniera in Italia, fondata nel 2000, ha già dato disponibilità a tutte le regioni, con conferenze online ed esperti. E continueremo a farlo. Per questa ragione ribadiamo la nostra disponibilità al nuovo Governo della Sardegna e al Presidente Alessandra Todde, in carica da pochissimi mesi.
Dal 2020, con l’inizio della pandemia, è stato istituito il “decreto Cura Italia” (Decreto-Legge 17 marzo 2020, n. 18, ndr.) che grazie all’articolo 13, consente ai medici e infermieri di lavorare in Italia, senza passare per la strada ordinaria del riconoscimento del titolo presso il Ministero della Salute. Si procede tramite deroga delle regioni.
Il decreto aveva consentito ai medici ucraini e russi, e poi a tutti quelli venuti all’inizio della pandemia, di venire in Italia a lavorare, per dare una mano. Piano piano questo decreto – con scadenza nel 2022 – è stato rinnovato, fino al 31 dicembre 2025, ma non tutte le regioni l’hanno applicato.
«Alcune regioni hanno sofferto molto, continua il Prof. Aodi, altre regioni adesso stanno iniziando ad utilizzare il decreto. Noi volevamo coinvolgere i nostri professionisti della sanità prima di far arrivare qualcuno dall’estero. Da tempo chiediamo di utilizzare i medici di origine straniera che stanno in Italia».
Amsi ribadisce il suo punto di vista: i professionisti sanitari di origine straniera che lavorano già da tempo in Italia, non sono però certo disposti ad accettare di lasciare un contratto a tempo indeterminato e sicuro per andare verso la struttura pubblica per un solo anno.
«Perché noi sappiamo bene, dice ancora Aodi, che chi non ha la cittadinanza italiana non può accedere ai concorsi pubblici. Quindi potrebbero entrare per questo famoso periodo di un anno, ma poi non si sa come andrà a finire.
Tante Regioni si stanno rivolgendo ai professionisti della sanità all’estero e anche all’AMSI perché non ci sono risposte alle loro esigenze di carenza di personale. Per questo motivo ora siamo di fronte ad una scelta obbligatoria. Avevamo avvertito tutti dieci anni fa. Se non cominciamo a programmare, a specializzare tutti e a puntare sulle specializzazioni più richieste e più carenti, è normale che poi arriviamo a rivolgerci all’estero come hanno fatto la Francia, la Germania e altri Paesi europei che hanno iniziato molto prima dell’Italia.
Per quanto riguarda le specializzazioni, Amsi fa sapere qui da noi ne mancano parecchie perché in Italia negli ultimi 15 anni non è stata fatta una programmazione. Tra chi non le sceglie, chi non le vuole fare, chi va nel privato e la fuga di massa all’estero, la situazione è grave.
«Abbiamo denunciato tutto questo con statistiche, dati reali. In più l’aumento delle aggressioni ai medici, i salari bassi e i turni massacranti, stanno aggravando questa carenza dei professionisti. Bisogna affrontare la realtà e risolvere concretamente i problemi ma purtroppo ci agitiamo molto e si agisce poco. Solo dichiarazioni, slogan, propositi, ma di concreto poco», continua Aodi.
Negli ultimi 5 anni sono stati, infatti, richiesti all’Amsi 8.000 professionisti della sanità: in particolare, 4500 medici, 3000 infermieri e 500 fisioterapisti e professionisti della sanità.
Per quanto riguarda i medici, la Regione che ha avanzato le richieste maggiori è stata la Lombardia (800), seguita da Veneto (750), Piemonte (750), Lazio (650), Toscana (600), Sicilia (600) Puglia (550), Campania (550), Emilia Romagna (500), Sardegna (450), Calabria (400), Liguria (350),Molise (350), Umbria (350), Marche (300), Abruzzo (250),Trentino Alto Adige (250), Basilicata (200), Valle d’Aosta (150), Friuli Venezia Giulia (200).
Le specializzazioni maggiormente richieste sono inerenti al campo dell’Anestesia, Ortopedia, Medicina d’urgenza, Radiologia, Chirurgia, Neonatologia, Ginecologia, Pediatria, Cardiologia, Neurochirurgia, Geriatria, Medicina sportiva, Medici nelle località turistiche ed anche Medici di famiglia.
Dal 1° gennaio 2024, grazie al Decreto Cura Italia Amsi ha evitato la chiusura di più di 1800 strutture, servizi dipartimenti, presso ospedali, cliniche private, dsa, centri di fisioterapia, centri analisi, pronto soccorso, medici di famiglia, pediatri.
Inoltre, è aumentato del 30% l’arrivo dei professionisti della salute di origine straniera per lavorare in Italia. sia tramite la modalità di riconoscimento dei titoli ordinaria o straordinaria (Decreto Cura Italia articolo 13 e Decreto medici ucraini). Per la maggior parte questi professionisti provengono dall’America Latina, dal Centro America e dall’Asia.
«Sono però aumentate del 30% anche le discriminazioni ed i pregiudizi nei confronti dei professionisti della sanità di origine straniera, facendo confusione tra chi è laureato in Italia ed esercita da tanti anni e chi arriva in Italia completamente a digiuno della nostra lingua e con un titolo di studio da valutare, anche se adesso, ricordiamolo, con l’Assunzione in Deroga, è sufficiente essere iscritti agli albi professionali del proprio paese di origine per lavorare in Italia. Da notare come sia “diminuito del 50% dell’arrivo degli studenti stranieri per studiare in Italia, dice ancora Aodi.
Sull’Assunzione in Deroga (in vigore fino al 31 dicembre 2025) noi siamo solo parzialmente d’accordo, perché rischia di creare confusione e aumentare la guerra della polemiche, come sta avvenendo da parte di numerosi sindacati.
Non è vero, secondo noi, che per un professionista sudamericano che arriva da noi, occorrono 9 mesi di studio prima di lavorare in un nostro ospedale. Ne possono bastare tre, ma certo nemmeno quattro settimane.
Così come per il riconoscimento dei titoli di studio abbiamo sempre chiesto e sempre chiederemo il rispetto delle regole e un percorso di attenta valutazione dei titoli, come avveniva in passato.
Il problema di fondo è l’essere arrivati a questo punto della crisi: le Regioni si sono messe nella condizione di non avere scelta, e allora i professionisti stranieri diventano una scelta tappabuchi, quando in realtà, se fosse stato fatto tutto per tempo, si poteva selezionarli, retribuirli adeguatamente come meritano, e non trasformarli nell’ultima ruota del carro, nell’ultima scelta a cui ricorrere, quando invece, in particolar modo per chi lavora da tempo già in Italia, sono una risorsa enorme, forti di competenze e di qualità umane.
Ed è così che sono aumentate le discriminazioni e i dissidi, con le continue polemiche e gli attacchi da parte di Ordini professionali e sindacati delle professioni sanitarie.
Si doveva agire in modo differente, anche perché medici e infermieri di origine straniera non sono e non saranno mai professionisti di serie B.
Così il Prof. Foad Aodi, Esperto in Salute Globale, Presidente di Amsi, Co-Mai e del Movimento Uniti per Unire, nonché Docente di Tor Vergata, membro del Registro Esperti della Fnomceo dal 2002, già 4 volte Consigliere dell’Ordine dei medici di Roma, nonché Direttore Sanitario del Centro Medico Iris Italia e Membro del Comitato Direttivo AISI.