(Adnkronos) – Palazzo Chigi, ore 10 am. Mancano poche ore al vertice di maggioranza tra i leader del centrodestra, quando Giorgia Meloni tornerà a riunire i suoi due vice, Antonio Tajani e Matteo Salvini, nonché il leader di Noi Moderati Maurizio Lupi. Un appuntamento atteso, di cui si vociferava ancor prima della pausa estiva ma poi slittato alla ripresa dei lavori. Dopo un'estate in cui non sono mancate frizioni e fendenti, soprattutto sulla rotta Fdi-Lega. Chi è vicino alla premier, però, mostra un certo disincanto: "Le polemiche agostane danno un po' di sale e brio ad ogni estate, un po' come le hit, sarebbe un errore attribuirgli troppo valore…". Varcata la soglia dello studio della presidente del Consiglio – al primo piano di Palazzo Chigi – non dovrebbe dunque arrivare nessuna reprimenda sui tanti, troppi distinguo che hanno finito per restituire l'immagine di una maggioranza sfilacciata, stando almeno alle convinzioni di chi ha parlato con la premier in queste ore. "Sarà un incontro alla camomilla, senza sorprese…", si dice convinto un fedelissimo della premier. Mentre la Lega lascia trapelare l'auspicio di ritrovare "compattezza e serenità nella maggioranza dopo aver assistito a troppe fibrillazioni". Più che ''bacchettate', da parte di Meloni, oggi arriverà l'invito a marciare uniti, con determinazione, soprattutto di fronte alle tante sfide che attendono il Paese. A partire dalla manovra e dal piano strutturale di bilancio che, per la prima volta, il Mef dovrà buttar giù, prevedendo una 'sforbiciata' del disavanzo strutturale di almeno lo 0,5% annuo per i prossimi 7 anni: numeri alla mano, si tratta di circa 10 miliardi l'anno. Risorse da generare attraverso una strategia di rientro dal deficit in grado di convincere Bruxelles circa le buone intenzioni di Roma. Un'impresa certo non semplice e legata a doppio filo anche alla partita del commissario che l'Italia spunterà nella nuova Commissione Ue, ancora una volta a guida von der Leyen. Il nome, che verrà ufficializzato solo oggi, ultimo giorno utile, è quello di Raffaele Fitto, a cui dovrebbero essere assegnate le deleghe alla coesione, al bilancio e al Pnrr. Nonché la vicepresidenza esecutiva, stando almeno ai desiderata di Roma. Meloni oggi condividerà l'indicazione di Fitto nel vertice con i big, poi informerà gli altri ministri nel corso del Cdm in agenda alle 13. Intanto da Bruxelles Tajani torna a plaudire alla scelta: sul nome di Fitto, dice, "c'è convergenza da parte di tutti: è giusto inviare un commissario che non faccia l'apprendista commissario ma che faccia veramente il commissario. E Fitto è la persona più giusta perché conosce sia il Parlamento, sia la Commissione, sia il Consiglio. C'è grande coesione da parte della maggioranza". Almeno sul nome del ministro salentino, perché su tanto altro ci saranno – camomilla o no – da rimettere insieme i cocci. Come sulla polemica agostana dello ius scholae, che ha visto volare stracci tra Lega e Fi. Oggi Tajani tornerà sull'argomento – pur considerandolo un tema marginale, prima per Fi vengono manovra, giustizia e carceri – ma da parte della premier (finora Fdi ha taciuto sulla questione, ndr) ci sarebbe la volontà di sminare, invitando gli alleati ad attenersi al programma di governo, realizzando riforme 'fuori sacco' solo ove si registrasse la convergenza dell'intera maggioranza. Una mission impossible, di fatto, se sul tavolo dovesse mai planare il dossier cittadinanza. Ma anche dove detta legge il programma di governo – vedi Autonomia – c'è da ritrovare 'unità', parola d'ordine del vertice di oggi insieme a un'altra destinata a restare sotto traccia ma nell'aria da mesi: lealtà. Sulla riforma targata Calderoli la Lega non è disposta a concedere sconti, mentre incombono il fantasma del referendum e i timori legati all'altolà della Cei, a cui il Carroccio ha risposto a muso duro. La maggioranza appare sfilacciata, ma quella dell'Autonomia è una scommessa che la Lega non può permettersi il lusso di perdere, costi quel che costi. Ne è consapevole la premier, che oggi sarà chiamata anche a rassicurare la squadra. Avanti uniti e leali sarà il messaggio che la premier affiderà ai suoi, tanto più in vista delle settimane burrascose che si profilano all'orizzonte, con una manovra difficile da scrivere e che non può certo disperdersi in rivoli, tanto più con una coperta così corta. E che anche stavolta non potrà coprire tutte le richieste, o meglio battaglie, che i partiti di maggioranza intendono portare avanti. Quota 41, solo per citarne una: le speranze della Lega di tagliare il traguardo sarebbero ridotte all''osso, stando almeno a chi lavora al dossier. Ma anche aumentare le pensioni minime, battaglia storica di Fi e di Silvio Berlusconi, appare terribilmente complicato alle date condizioni. Se ne parlerà oggi, visto che la manovra "dobbiamo ancora cominciare a scriverla", mette in chiaro Meloni in un video postato su Instagram che la ritrae assieme al ministro Giancarlo Giorgetti, e in cui smentisce con forza, bollandole come "ricostruzioni fantasiose", notizie di stampa su un colpo di bianchetto del governo all'assegno unico nella prossima legge di bilancio. Se la manovra sarà il piatto forte del menu del vertice in programma oggi, non mancheranno altri temi potenzialmente indigesti, non ultimo quello dei balneari. Oggi in Cdm non ci sarà nessuna misura ad hoc per le spiagge dei litorali italiani: il dibattito con l'Europa va avanti serrato, ma ormai la strada appare segnata. Al netto delle bozze circolate nelle ultime ore su riviste di settore, con la previsione di proroghe delle attuali concessioni fino a cinque anni, lo stop a rinvii che vanno avanti ormai da 15 anni sembra inevitabile: si media soprattutto per spuntare indennizzi sostanziosi per chi si vede costretto a lasciare il proprio lido. Ad occuparsene è Fitto, che sta tentando di trovare un'uscita decorosa per un governo che ha sempre strizzato l'occhio ai balneari. Partita non facile e da giocare ai tempi supplementari: salvo sorprese a novembre, per lui, il trasloco a Bruxelles. E anche su questo dossier l'auspicio è di non dover assistere a colpi bassi, al rimpallo di responsabilità, quando ci sarà da scontentare la categoria. Perché è importante restituire un'immagine di unità anche quando il sentiero risulta stretto e in salita. Come sulle regionali, altro tema sul tavolo del vertice in programma oggi. Al netto delle frizioni e delle fughe in avanti che già si registrano su Campania e Veneto, al voto solo nel 2025, c'è chi auspica di uscire dall'incontro con un accordo sulla Liguria giunta alla prova del dopo Toti. I nomi che girano, per il centrodestra, sono quelli di Ilaria Cavo, la favorita, Claudio Scajola e Pietro Piciocchi. "Sarebbe un bel colpo – osserva un ministro – tirare fuori dal cilindro il candidato ligure mentre si parla di liti e divisioni nella maggioranza. E il campo largo, anziché giocare d'anticipo, si 'impicca' su Andrea Orlando e le divisioni interne al M5S… ". —[email protected] (Web Info)
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