Medioriente. L’Unione Arabi del 48 e la Co-mai esprimono cordoglio e dolore per il decesso dello studente Mikahil Nasrat ucciso dal razzo caduto su Nahariya
Foad Aodi (Co-mai) e Wafaa Nahhas (Presidente Unione Arabi del 48): è stato ucciso dalle schegge del missile caduto a Nahariya, la sua drammatica storia è anche quella della sua famiglia, con la donazione dei suoi organi, che hanno salvato la vita di ben sei persone al di là della religione e delle origini, e che merita di essere raccontata ai media internazionali.
ROMA 12 AGO 2024 – «Quel missile, caduto al nord di Israele a Nahariya , non gli ha lasciato scampo. Le maledette schegge finite, qualche giorno fa, sulla strada numero 4 della città di Nahariya, lo hanno colpito alla testa e all’addome e ferito a morte.
Quella che vi raccontiamo è l’ennesimo drammatico decesso di un innocente.
Si chiamava Mikahil Nasrat Samara, di 27 anni, palestinese-cristiano, famiglia molto religiosa alla spalle, del villaggio di Kafryasif, ucciso da un missile intercettore e deceduto dopo pochissimo tempo in ospedale.
Perché vogliamo narrarvi la sua storia? Perché è emblematica dell’assurda strage di esseri umani che si sta consumando da tempo in Palestina.
Perché solo nelle ultime 24 ore, secondo le nostre indagini, coordinate attraverso i nostri oltre 120 corrispondenti nel mondo, siamo venuti a conoscenza di una media che supera ampiamente le 50 vittime al giorno, tra cui oltre il 50% bambini e donne».
Esordisce così il Prof. Foad Aodi, medico fondatore e leader di Umem, Unione Medica Euromediterranea, di Co-mai, Comunità del Mondo Arabo in Italia.
«Mikahil Nasrat studiava all’estero, in Repubblica Ceca, era destinato ad una grande carriera come chimico ed era tornato da pochi giorni nella sua Galilea per trascorrere le vacanze estive con la famiglia.
A nome dell’Unione Arabi del 48, e di tutte le altre associazioni e movimenti, non possiamo che esprimere cordoglio e dolore, mostrando la nostra vicinanza ai parenti. Vogliamo raccontarvi, con il cuore in mano, che la famiglia ha immediatamente disposto la donazione degli organi del ragazzo e che, attraverso i nostri corrispondenti sul posto, siamo venuti a conoscenza che ben 6 persone sono state salvate grazie alla donazione della famiglia.
Le operazioni di trapianto sono state effettuate in diversi ospedali del Paese: cuore e polmoni sono stati trapiantati a due uomini, di 52 e 60 anni, all’ospedale Beilinson, un rene ad una donna di 46 anni all’ospedale Ichilov e un altro rene di un uomo di 48 anni sempre all’ospedale Beilinson. Il fegato ad una donna di 65 anni all’ospedale Ichilov e un’altra parte del fegato ad una bambina di 7 mesi all’ospedale Schneider.
Nella tragedia è commovente raccontare che sono state salvate vite umane, e che soprattutto i familiari non hanno badato alla religione e all’origine delle persone che hanno ricevuto gli organi del giovane Mikahil Nasrat.
Attraverso il dolore, la commozione per il gesto, la consapevolezza che esistono ancora uomini e donne che come noi predicano la tolleranza, l’integrazione e il dialogo tra i popoli, che vanno ben oltre le differenze di religione e di razza, e che rappresentano un barlume di luce nel buio tunnel della sanguinosa guerra, non possiamo che rivolgere l’ennesimo appello per il cessate il fuoco, per il rafforzamento dei corridoi umanitari e della cooperazione internazionale, e per la conclusione in breve tempo di un conflitto che infiamma da mesi il Medioriente, chiedendo anche la realizzazione del progetto “Due Stati, due Popoli”.
Le nostre accurate indagini non mentono: Il 95% della popolazione di Gaza vive la drammatica condizione di sfollati, oltre 14mila bambini sarebbero stati uccisi, fin qui, durante l’atroce conflitto.
Si contano quasi 40mila morti totali, 90 mila feriti e oltre 500 famiglie totalmente cancellate dall’anagrafe: il recente raid a Gaza City ha ucciso ben 11 bambini e provocato oltre 90 vittime.
Senza contare che, oltre ai decessi ufficiali, si contano ben altri 21mila i bambini dispersi, di cui non si conosce il destino.
Potrebbero essere sepolti sotto le macerie o in fosse comuni, ma potrebbero anche essere vivi, ma detenuti chissà dove. Nessun genitore dovrebbe scavare tra le macerie o in fosse comuni in cerca del corpo del proprio figlio. Nessun bambino dovrebbe essere solo, senza protezione, in una zona di guerra, detenuto o tenuto in ostaggio.
Come Co-mai, Comunità del Mondo Arabo in Italia, oltre alla doverosa vicinanza alla famiglia della vittima, siamo indignati, continua Aodi. Riteniamo che le politiche internazionali non stiano facendo abbastanza per fermare questo orrore, mentre negli ospedali continua l’opera difficile e incessante, sotto le bombe, di medici e infermieri.
Mancano all’appello decine di professionisti specializzati, in particolar modo chirurghi, pediatri, ortopedici, anestesisti, e anche in questo senso prosegue il “nostro richiamo internazionale” a sostenere il lavoro dei professionisti sanitari locali, laddove mancano anche sangue, farmaci e strumenti basilari per gli interventi dei feriti.
Nessuno osi nascondere la testa sotto la sabbia, gli ospedali locali sono al collasso, mentre il nostro Ministero degli Esteri può e deve fare di più, di concerto con le regioni, portando i feriti, in particolare i bambini, nelle nostre strutture specializzate, come sta già avvenendo con il Bambin Gesù e il Gemelli di Roma, il Gaslini di Genova e il Meyer di Firenze.
Ma non è abbastanza, si può e si deve fare molto di più, visto che a Gaza ad oggi si contano solo pochissimi ospedali operativi su 23 e mancano all’appello decine di operatori, soprattutto come detto specializzato, mentre dall’inizio del sanguinoso conflitto sono stati uccisi oltre 500 professionisti sanitari.
Nello stesso tempo riportiamo il cordoglio e il dolore dell’Unione Arabi del 48, a nome del Presidente Wafaa Nahhas e mio personale come fondatore dell’associazione.
Così il Prof. Foad Aodi, Presidente dell’ UMEM,Unione Medica Euromediterranea, esperto di salute globale, corrispondente dall’Italia per prestigiose testate straniere, Presidente di Amsi, Associazione Medici di Origini Straniera in Italia, del Movimento Internazionale Uniti per Unire, di Co-mai, Comunità del Mondo Arabo in Italia, direttore sanitario e portavoce della Nazionale del Regno delle due Sicilie, corrispondente dall’Italia per Agenzie di Stampa, giornali e Tv di Paesi Arabi e del Golfo, nonché docente all’Università di Tor Vergata e già 4 volte Consigliere dell’Ordine di Roma e membro registro esperti della Fnomceo e ancora direttore sanitario del Centro Medico Iris Italia.