Il 19 agosto 1982 veniva assassinato a Palermo l’imprenditore Giovanni Gambino. Gambino non si era piegato alle minacce estorsive della mafia. Aveva anche lui come molti altri cercato di lanciare un messaggio forte per contrastare la criminalità organizzata che intimidiva e vessava imprese e imprenditori con l’intento di incrementare i propri loschi traffici. Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani oggi ricorda il coraggio di Giovanni Gambino mediante le parole di Carmine Falcone della classe III sez. G del liceo scientifico Filolao di Crotone:
“Giovanni Gambino, imprenditore palermitano e titolare della celebre azienda “Soft Drinks”, è stato assassinato il 19 agosto 1982, all’età di 36 anni, in un agguato mafioso a Palermo. Gambino, aveva ricevuto una richiesta estorsiva di 300 milioni di lire da parte della criminalità organizzata. Nonostante le minacce, aveva deciso di non cedere al ricatto, consapevole che la sua decisione avrebbe potuto mettere in pericolo la sua vita. Tuttavia, non volle denunciare l’estorsione, anche se ne aveva parlato con un amico ispettore di polizia.
Quel tragico giorno, Gambino fu ucciso a colpi di pistola mentre si trovava a bordo della sua Fiat 126. Due sicari a bordo di una motocicletta di grossa cilindrata si avvicinarono alla sua auto e aprirono il fuoco, lasciandolo cadere tra il sedile di guida e quello passeggero. Con la sua morte, Palermo contava la novantacinquesima vittima della mafia dall’inizio di quell’anno.
Gambino non era solo un imprenditore, ma anche un uomo che con la sua attività dava lavoro a 40 famiglie, garantendo loro un posto di lavoro stabile. La sua uccisione ha rappresentato non solo una perdita per la sua famiglia, in particolare per suo figlio, che oggi lo ricorda con dolore, ma anche per tutta la comunità. Questo caso ci fa capire in che modo operava la criminalità organizzata in quegli anni Bisogna ricordare però che la sua morte non è vana; infatti quest’episodio rimane tuttora nella memoria di tutti e continua a vivere nella coscienza collettiva della Sicilia, che, lentamente, dopo tanti anni e tante vittime inizia a svegliarsi dal torpore in cui per anni l’ha tenuta la mafia. Oggi le catene delle estorsioni, delle minacce, dei ricatti iniziano a pesare; oggi non solo in Sicilia, ma in tutta l’Italia le persone sono stanche di vivere nella paura e principalmente noi giovani abbiamo bisogno di respirare legalità e giustizia per trovare la voglia di credere nello Stato e nelle Istituzioni perché grazie al loro supporto e alla loro presenza possiamo realizzare i nostri sogni in una società libera e giusta.”
Attraverso l’insegnamento dei valori civili e umani e la cultura si può progredire molto; il percorso non è semplice perché molti fattori ostacolano la crescita personale, ma con gli strumenti adeguati si può fare tanto.
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani rileva come il progetto “#inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità” stia diffondendo tra le giovani generazioni volti, storie, episodi veramente straordinari per la loro valenza educativa.
“Giovanni Gambino, imprenditore palermitano e titolare della celebre azienda “Soft Drinks”, è stato assassinato il 19 agosto 1982, all’età di 36 anni, in un agguato mafioso a Palermo. Gambino, aveva ricevuto una richiesta estorsiva di 300 milioni di lire da parte della criminalità organizzata. Nonostante le minacce, aveva deciso di non cedere al ricatto, consapevole che la sua decisione avrebbe potuto mettere in pericolo la sua vita. Tuttavia, non volle denunciare l’estorsione, anche se ne aveva parlato con un amico ispettore di polizia.
Quel tragico giorno, Gambino fu ucciso a colpi di pistola mentre si trovava a bordo della sua Fiat 126. Due sicari a bordo di una motocicletta di grossa cilindrata si avvicinarono alla sua auto e aprirono il fuoco, lasciandolo cadere tra il sedile di guida e quello passeggero. Con la sua morte, Palermo contava la novantacinquesima vittima della mafia dall’inizio di quell’anno.
Gambino non era solo un imprenditore, ma anche un uomo che con la sua attività dava lavoro a 40 famiglie, garantendo loro un posto di lavoro stabile. La sua uccisione ha rappresentato non solo una perdita per la sua famiglia, in particolare per suo figlio, che oggi lo ricorda con dolore, ma anche per tutta la comunità. Questo caso ci fa capire in che modo operava la criminalità organizzata in quegli anni Bisogna ricordare però che la sua morte non è vana; infatti quest’episodio rimane tuttora nella memoria di tutti e continua a vivere nella coscienza collettiva della Sicilia, che, lentamente, dopo tanti anni e tante vittime inizia a svegliarsi dal torpore in cui per anni l’ha tenuta la mafia. Oggi le catene delle estorsioni, delle minacce, dei ricatti iniziano a pesare; oggi non solo in Sicilia, ma in tutta l’Italia le persone sono stanche di vivere nella paura e principalmente noi giovani abbiamo bisogno di respirare legalità e giustizia per trovare la voglia di credere nello Stato e nelle Istituzioni perché grazie al loro supporto e alla loro presenza possiamo realizzare i nostri sogni in una società libera e giusta.”
Attraverso l’insegnamento dei valori civili e umani e la cultura si può progredire molto; il percorso non è semplice perché molti fattori ostacolano la crescita personale, ma con gli strumenti adeguati si può fare tanto.
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani rileva come il progetto “#inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità” stia diffondendo tra le giovani generazioni volti, storie, episodi veramente straordinari per la loro valenza educativa.