in ginocchio l’agricoltura. Occorre un piano strategico per la gestione
razionale di sorgenti, invasi e fabbisogni, ma anche per la
programmazione di nuove infrastrutture e la manutenzione di quelle
esistenti”. Così Gennaro Scognamiglio, presidente nazionale di Unci
AgroAlimentare.
“La crisi climatica – prosegue il dirigente dell’associazione di
settore del mondo cooperativistico – ha già creato gravi difficoltà
alle coltivazioni e alla zootecnia nelle regioni del centrosud, ma anche
agli allevamenti ittici e alla pesca, in aree come la laguna di
Orbetello in Toscana, aggravando l’impatto di problemi di altro genere.
A pesare, oltre alla scarsità delle precipitazioni e le alte
temperature, è anche l’inadeguatezza delle reti idriche, che provoca
perdite di quantitativi d’acqua che sfiorano il 50% delle risorse
captate e immesse. Una situazione assolutamente inaccettabile, che
richiede interventi rapidi e una politica di riorganizzazione e
riqualificazione delle infrastrutture.
Ma intanto sull’agricoltura incombe un totale collasso delle attività,
soprattutto in alcune regioni (Sicilia, Puglia, Basilicata , ma anche
Calabria e Sardegna), già colpite da un vistoso calo delle produzione,
che per alcuni segmenti potrebbe raggiungere il 50-80% dei raccolti.
Entro la metà del mese, infatti, si rischia di lasciare completamente a
secco metà del Paese, con danni consistentissimi per il settore
primario e con effetti a cascata sulla filiera industriale alimentare.
Non lascia spazio a dubbi l’allarme lanciato dall’Anbi, l’associazione
nazionale dei consorzi di bonifica e irrigazione, che riunisce 142 enti
del Paese, che ha calcolato che per ferragosto non sarà più possibile
irrigare i campi.
E se la crisi idrica quest’anno colpisce il Centrosud, soltanto qualche
anno addietro, ad esempio nel 2022, ha flagellato le regioni del Nord
Italia.
Si tratta quindi di una questione nazionale, che va affrontata con
lucidità e risolutezza. D’altra parte, la difficoltà di
approvvigionamento idrico interessa d’estate anche i centri urbani e le
strutture acquedottistiche di acqua potabile, che soffrono degli stessi
problemi, mettendo in crisi anche territori ricchi di sorgenti e
compromettendo pure le attività turistiche.
Un nodo fondamentale per la vivibilità generale, per l’economia e per
l’impatto ambientale che determina sul paesaggio sottoposto a
desertificazione, che va affrontato necessariamente tenendo conto degli
assetti idrogeologici e della gestione e cura dei territori, con
l’agricoltura che svolge una importante funzione positiva, in questa
direzione”.
“L’intervento delle istituzioni – conclude Scognamiglio – , in
primis governo e regioni, non può che prevedere soluzioni a breve e
lungo termine, per affrontare una vera e propria calamità, dalle misure
per ridurre le conseguenze per l’agricoltura, ai lavori strutturali per
la realizzazione di sistemi di irrigazione evoluti, anche con impianti
per le energie rinnovabili, e di reti di distribuzione idrica civile,
già previsti con i fondi del Pnrr, fino alle strutture per la
canalizzazione e per il riutilizzo delle acque piovane nelle città,
insieme ad una riprogrammazione urbanistica verde delle stesse”