Un dialogo approfondito sui diritti umani insieme a Riccardo Noury, portavoce nazionale di Amnesty International Italia, moderato da Roberto Loddo de “Il Manifesto Sardo” ed introdotto da Paola Cuccureddu, responsabile della Circoscrizione Sardegna di Amnesty International.
Rapporto Amnesty International 2023/2024: la situazione dei diritti umani nel mondo
Riccardo Noury, portavoce nazionale di Amnesty International Italia, scrive e collabora con il Corriere della Sera, il Fatto Quotidiano, Focus on Africa, Articolo 21 e con il quotidiano Domani. Autore di diversi saggi, quali “La stessa lotta, la stessa ragione. Storie di donne per i diritti umani” e “Giustizia senza confini. Crimini internazionali e lotta all’impunità”.
Il Rapporto di Amnesty International espone e analizza la situazione dei diritti umani in 155 Stati e mostra come, purtroppo, la situazione dal punto di vista della tenuta dei diritti umani sia notevolmente peggiorata negli ultimi decenni ma soprattutto, dichiara Riccardo Noury, “sta traballando l’architettura e il sistema di protezione dei diritti umani che era nato dopo la fine della seconda guerra mondiale”.
“Il diritto internazionale dei diritti umani e il diritto internazionale umanitario avevano l’obiettivo di garantire a tutte e tutti diritti in tempo di pace e di stabilire delle norme inviolabili in tempo di guerra. La regola fondamentale e principale è una: le popolazioni civili non si toccano.
Siamo tornati lì, agli albori, in una situazione che vediamo oggi essere piena di conflitti: i due conflitti principali li conosciamo bene (Russia e Ucraina, Israele e Palestina) ma ce ne sono altri che sono abbastanza oscurati, come ad esempio in Sudan, dove si registrano oltre 10 milioni tra sfollati interni e rifugiati e 7 milioni di persone rischiano la morte per fame; o in Myanmar, dove sono costanti gli attacchi della giunta militare al potere dal 2021. Un sistema di discriminazione istituzionalizzato che toglie diritti a migliaia di persone con un’erosione dei diritti alla protesta pacifica, dei diritti dei migranti e delle persone rifugiate e non solo.”
Come è stato effettuato il Rapporto Amnesty International?
Negli ultimi anni Amnesty International ha subìto delle gravissime discriminazioni: la chiusura di numerosi uffici, ad esempio in Russia, Hong Kong e in Nigeria; attivisti molto spesso perseguitati, come in Thailandia, e governi che non autorizzano l’ingresso dell’Organizzazione nei territori per fare ricerca.
Accanto alla ricerca sul campo, attraverso interviste a giornalisti, cittadini, avvocati direttamente nel territorio, Amnesty svolge anche un lavoro di ricerca da remoto, insieme a team di esperti che lavorano sulle tecnologie attraverso, ad esempio, controlli di video e foto che ricevono da varie fonti per verificarne l’attendibilità o attraverso il metodo di ricerca satellitare che si rivela molto utile per monitorare cambiamenti e differenze nel territorio. “Più si guardano le cose dall’alto più più le vediamo meglio” dichiara Noury.
L’utilizzo delle tecnologie e i rischi concreti dell’intelligenza artificiale…
“Dovremo sviluppare, rendendoci davvero conto dei rischi esistenti, un sistema di norme che dia controlli molto rigidi sull’uso delle nuove tecnologie. Oggi l’intelligenza artificiale è utilizzata senza regole: l’IA è in grado di manipolare elezioni, di controllare i confini, si possono controllare le emozioni delle persone e questo è un problema enorme. Ma anche la sorveglianza di massa attraverso le telecamere oggi è uno strumento molto potente nelle mani dei governi” afferma Noury.
Abbiamo lanciato una campagna nel 2019 chiamata “Ban the Scan”, ovvero mettere al bando le scansioni attraverso la sorveglianza di massa dei volti, perché ci siamo accorti che tutto questo sistema aveva uno scopo ben preciso. Riempire di telecamere luoghi ad alta concentrazione di soggetti con background migratorio, come accade ad esempio nei Paesi Bassi; o collocare le telecamere in luoghi che sono tipicamente percorsi da persone che vanno alle manifestazioni, come accaduto per le proteste Black Lives Matter. Con loro abbiamo infatti vinto una causa a New York per costringere le autorità locali a rivelare tutte le ubicazioni delle telecamere nella città, perché abbiamo riscontrato un uso contrario ai diritti umani”.
…e i social network
Anche nei social network si annidano sistemi discriminatori che agiscono, ad esempio, attraverso gli algoritmi: “In due occasioni Amnesty ha pubblicato dei rapporti sulla situazione, ad esempio, in Etiopia e in Myanmar, con un’accusa rivolta a Meta rispetto al funzionamento dell’algoritmo che ha causato forti discriminazioni nei confronti della popolazione Rohingya in Myanmar e ha avuto un ruolo importante nel conflitto interno in Etiopia. Anche TikTok ha un modello di business molto pericoloso: contenuti che romanticizzano il suicidio sono proposti con insistenza nei confronti di utenti deboli” afferma Noury.
Il diritto alla protesta e il nuovo DDL Sicurezza
Il nuovo DDL Sicurezza approdato alla Camera dei Deputati ha introdotto un sistema di nuovi reati e inasprito le pene esistenti rispetto, ad esempio, al reato di occupazione di un immobile, norma ribattezzata “anti Salis”, e per punire chi manifesta bloccando strade o infrastrutture, ribattezzata norma “anti Ghandi”.
“Credo che questo DDL Sicurezza sia l’esempio peggiore degli ultimi tempi di una politica priva di sensibilità per quanto riguarda i diritti umani. Il testo finale lede una serie di diritti fondamentali, primo fra tutti quello di raduno o di manifestazione e assemblea pacifica, un diritto fondamentale riconosciuto dal ’48. Si accanisce, in particolare, sugli attivisti e le attiviste che lottano per la giustizia climatica” afferma Noury.
“C’è, inoltre, una parte del DDL che intacca le proteste pacifiche in carcere, rendendole reato se compiute da più di tre persone. È inevitabile che nelle carceri, se c’è una protesta, ad esempio, per le condizioni invivibili o per il suicidio di un detenuto della cella accanto, la protesta è di gruppo; può essere fatta in modo non violento, sbattendo delle pentole contro le sbarre.”
La violazione sistematica dei diritti delle donne
I diritti delle donne sono costantemente calpestati in vari paesi del mondo, attraverso sistemi istituzionalizzati che isolano e penalizzano le donne. Si registrano varie e diverse situazioni, dall’Iran, dove la polizia morale continua la sua persecuzione nei confronti delle donne, all’Afghanistan dove, con il ritorno dei talebani al potere sono tornate le imposizioni nei confronti delle donne, imposizioni che possono configurarsi come una vera e propria persecuzione di genere, passando per l’America, dove la questione sull’aborto ha portato indietro il paese di decenni, e l’Italia. Nel nostro paese, infatti, sono presenti ancora numerose discriminazioni sul lavoro, la chiusura dei centri antiviolenza, il tutto condito da una narrazione tossica e patriarcale che relega e impone alle donne un modello standard di valori e di ruoli da rispettare.
Le attiviste di tutto il mondo, infatti, chiedono a gran voce che il diritto internazionale conosca un ulteriore sviluppo: dal crimine contro l’umanità per la persecuzione di genere, riconosciuto dalla Corte Penale Internazionale, si dovrebbe passare ad un modello di Apartheid di genere, proprio perché si tratta di un sistema istituzionalizzato e sistematico di discriminazione più vasto.
Un caso recente vede due giovanissime attiviste iraniane, Maysoon Majidi e Marjan Jamali, accusate dalle autorità italiane di essere delle scafiste. Donne che sono scappate da situazioni terribili per cercare protezione nel nostro paese e che, invece, si trovano a dover lottare anche in Italia per i loro diritti. Maysoon Majidi possiede un unico documento per il rinnovo del permesso di soggiorno: un documento che non le consente di fare assolutamente niente. Il passaporto è nelle mani della Questura e non può disporre neppure di una tessera sanitaria e questo le impedisce di curarsi.
L’importanza di tutelare i diritti umani in ogni parte del mondo
“Credo che di fronte a questa situazione che è molto traballante la metafora che a me viene in mente è che quando una torre sta crollando ci devi mettere un’impalcatura: Amnesty International è quella impalcatura. Ma per impedire il crollo e raddrizzare questa situazione è necessaria una grossa impalcatura umana” dichiara Riccardo Noury.
La situazione mondiale vede l’avanzamento di sistemi autoritari che minano la tenuta delle democrazie: i rischi sono concreti e il vocabolario imparziale dei diritti è oggi considerato un linguaggio sovversivo. Questo determina, oltretutto, un sistema di doppi standard che fa sì che paesi che violano diritti umani che però sono nostri “amici” vengano condonati e quelli che non lo sono vengono, invece condannati.
Questa situazione non fa altro che aumentare l’instabilità: instabilità che si propaga come un’onda nera sulle democrazie nel mondo. Per questo è importante far sentire la propria voce in ogni occasione possibile.
Il Rapporto Amnesty International è pubblicato da Infinito Edizioni ed è possibile visionarlo online QUI
Elena Elisa Campanella
QUI il servizio video con intervista a Riccardo Noury, portavoce nazionale di Amnesty International Italia: https://www.instagram.com/reel/DAEAAz1s_w1/?utm_source=ig_web_copy_link