“Paolo Li Puma e Croce di Ganci sono i due protagonisti di una delle tante storie che vengono frequentemente dimenticate, anche se ci ricordano il valore della giustizia. Erano due contadini, che chiedevano solo un pizzico di dignità per tutta la comunità, ma soprattutto per le persone che come loro erano lavoratori umili ed onesti. Loro lottavano per i diritti che oggi sembrerebbero scontati, ovvero il diritto alla terra, al lavoro e la libertà dallo sfruttamento. Purtroppo però nella sera del 30 Settembre del 1920, di ritorno da una riunione, il loro progetto fu infranto. Durante la loro vita hanno parlato per tutte le persone che avevano paura di esprimere il loro parere, come si suol dire; erano la voce di chi non aveva voce, ed i loro assassini hanno deciso di metterli a tacere per sempre. Grazie anche al loro sacrificio oggi, noi siamo persone libere dallo sfruttamento, ed è essenziale ricordare Paolo Li Puma e Croce di Ganci come due eroi che si sono sacrificati per il nostro futuro. Con le mie parole, spero che il loro ricordo rimanga vivo e che il loro sacrificio non sia stato vano. Che il loro esempio continui a ispirarci nella lotta per la giustizia e la dignità di tutti gli umili.” (Gabriele Scilimpa)
“Ben 28 anni fa il capitano di lungo corso della marina mercantile, venne ucciso ingiustamente per essersi opposto agli interessi di Cosa Nostra. Paolo Ficalora uomo di giustizia che con perseveranza si impegnò molto per la libertà dell’uomo, nel 1968 venne licenziato solo per aver preteso di far valere i suoi diritti di lavoratore, e nel 1978, decise di tornare a Castellammare del Golfo, paese d’origine dove la famiglia possedeva un terreno, e utilizzando i risparmi di una vita di duro lavoro costruì alcune unità abitative ed intraprese una piccola attività imprenditoriale nel settore del turismo. Un signore con un grande animo che amava molto la sua terra, per lungo tempo la sua morte rimase senza colpevoli e movente, lasciando spazio a supposizioni equivoche, poiché in quell’ambiente all’epoca era forte la presenza della mafia. In realtà aveva subito da parte di alcuni criminali, una dura e costante persecuzione: furti, incendi dolosi, ma, nonostante tutto, Ficalora resistette alle pressioni mafiose da semplice cittadino e col passare del tempo si arrivò a capire che purtroppo fu proprio uno degli ospiti del residence, Totuccio Contorno collaboratore di giustizia, ospitato nel residence senza conoscerne l’identità, che pressò la mafia corleonese per ucciderlo. La notte del 28 settembre 1992 venne colpito con diversi colpi di arma da fuoco, da dei killer davanti agli occhi della moglie Vita D’Angelo, e fu propio lei a continuare a lottare chiedendo giustizia e verità, perché agli occhi di tutti il delitto sembrava essere legato ad ambienti mafiosi, ma solamente dopo 10 anni si arrivò a restituire la dignità e l’onore a un “Capitano ribelle” arrivando alla conferma che Paolo Ficalora è una vittima innocente di mafia. A descrivere ogni particolare dell’accaduto fu proprio uno dei due killer Giovanni Brusca, ex boss il quale fu condannato a 12 anni, con lui venne condannato all’ergastolo anche l’altro killer di mafia, il lattoniere di Castellammare del Golfo Gioacchino Calabrò; successivamente la sentenza fu confermata anche in Cassazione definitivamente nel 2004, anno in cui il comune di Castellammare del Golfo gli ha intitolato una strada.
“Pagò con la propria vita l’essersi messo contro quei mafiosi.” Nella società come ben sappiamo siamo tutti diversi, vi sono uomini che hanno un forte senso del dovere, sono coraggiosi e audaci, che combattono per le proprie idee e non si tirano indietro davanti a niente e nessuno non rinunciando al rispetto della legge e alla legalità, mettendo in pericolo la propria vita, affrontando con coraggio ogni situazione, talvolta si trovano davanti ai loro assassini e difendono la loro dignità di Uomini liberi. Paolo Ficalora fu uno di questi, un uomo da ricordare e soprattutto da ritenere un esempio per le future generazioni.” (Alessandra Riillo)
“Il 28 settembre 1991 furono strappate alla comunità di Reggio Calabria in un agguato brutale la vita di Demetrio Quattrone, un ingegnere di 42 anni impegnato a mantenere e garantire la legalità, e Nicola Soverino, un medico omeopata di 30 anni. Persero la vita in una serata che avrebbe dovuto essere di semplice compagnia tra amici. La macchina su cui viaggiavano fu colpita dai proiettili senza pietà, mettendo così fine ai loro sogni e alle loro relazioni col mondo.
Demetrio Quattrone, con il suo lavoro e la sua dedizione alla giustizia, aveva “sfidato” gli interessi della Ndrangheta. Il suo lavoro nella lotta contro gli appalti mafiosi, soprattutto nell’area di Gioia Tauro, lo aveva posto nel mirino di coloro che guadagnavano su ciò.
Nicola Soverino non fu il bersaglio di quell’agguato, ma pagò con la vita per essere stato semplicemente al posto sbagliato, nel momento sbagliato. Questo atto crudele fa capire quanto la violenza mafiosa non abbia rispetto per la vita umana.
Oggi, nel ricordare Demetrio e Nicola, non possiamo fare altro che riflettere su quanto sia ancora lungo e difficile liberare le nostre terre da queste malvivenze.
Questi episodi non devono essere mai dimenticati e ricordano che per fare in modo che nostra società possa diventare una società migliore, occorre imboccare e seguire la strada della giustizia e della legalità, una strada lunga, tortuosa, in salita: è un cammino che richiede coraggio, determinazione e un impegno costante verso l’equità. Ogni passo avanti è una vittoria contro l’ingiustizia, un trionfo della verità sulla menzogna. La legalità non è solo il rispetto delle leggi, ma anche il rispetto per gli altri, per la dignità umana e per i diritti di ogni individuo. È un impegno a costruire una società più giusta, dove ognuno ha la possibilità di vivere in pace e sicurezza. È un sogno che si realizza lentamente, tramite le giuste azioni, la verità, la solidarietà. In questo viaggio, non siamo soli. Siamo accompagnati, da tanti martiri della legalità che hanno, involontariamente donato la loro vita, divenendo fonte continua di ispirazione e da tutti quelli che credono nella giustizia e nella possibilità di rendere il mondo un posto migliore. Solo attraverso la cooperazione e l’impegno in una cittadinanza attiva possiamo superare ogni ostacolo e raggiungere la meta, fatto di un futuro dove la legalità non sia solo un ideale, ma una realtà tangibile per tutti. Continuiamo a camminare, con il cuore pieno di speranza e gli occhi fissi sulla meta. La strada è lunga, tortuosa e in salita, ma ogni passo ci avvicina a un mondo più giusto e più umano.” (Stefano Raimondo)
“Oggi 28 Settembre ricordiamo Giuseppe Tallarita, un agricoltore ucciso ingiustamente nel 1990 di fronte alla sua tenuta di campagna in contrada Desusino.
Il giorno della sua tragica morte segnava un evento importante nella vita di Giuseppe: il 28 settembre era il giorno del compleanno della moglie Rosina e il loro anniversario di matrimonio. Venne ucciso brutalmente da due sicari incaricati da un boss della stidda, un ex pastore con cui anni prima era avvenuta una discussione.
Pagò con la vita il suo rifiuto, più volte replicato nel tempo, di far transitare abusivamente il gregge di pecore del pastore, che negli anni era diventato il killer più temuto della malavita organizzata. Ricordiamo così Giuseppe, un uomo umile che dedicava la vita alla sua famiglia e ai suoi terreni, la sua storia, per non dimenticare l’ingiustizia che colpisce tante vittime innocenti. La sua vita è stata inaspettatamente stroncata in un momento di serenità con una violenza spietata che evidenzia su quanto la criminalità non conosca pietà.” (Gloria Petrucci)
Agricoltori, imprenditori, politici i protagonisti dell’encomio-ritratto di oggi, realizzato con commozione e riconoscenza dai giovani studenti di Crotone. Uomini a volte “comuni” che non avrebbero dovuto, teoricamente, dimostrare nulla di “straordinario” nel loro attaccamento al bene comune, perché tale principio dovrebbe appartenere a tutti i cittadini e che invece li rende testimonianza di onestà intellettuale profonda oggi in misura ancora maggiore rispetto a ieri.
Li ricordiamo perché la loro eredità ideologica non vada perduta.
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani rileva come il progetto “#inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità” stia diffondendo tra le giovani generazioni volti, storie, episodi veramente straordinari per la loro valenza educativa.