BALENTES il nuovo film d’animazione di Giovanni Columbu è stato presentato in prima nazionale a Roma presso Il Palazzo delle Esposizioni ad Alice nella Città. La scelta di presentarlo al Palazzo delle Esposizioni è stato determinato dal fatto che il film di Columbu è considerato un lavoro a metà tra il cinema e l’arte. La presentazione è stata introdotta dal Direttore del Festival, Gianluca Giannelli, erano inoltre presenti in qualità di co produttori i rappresentanti di RAI Cinema, della Regione Sardegna e della Fondazione Film Commission.
‘’Resistevo alla tentazione di farmi spiegare le tecniche correnti dell’animazione perché avevo bisogno di tempo per le mie prove, a costo di intraprendere vie sbagliate e commettere degli errori perché anche gli errori mi interessavano, mi apparivano pieni di vita, rivelatori di nuovi effetti e in definitiva di nuove possibili forme di rappresentazione’’. Da note di regia di G.C. Ambientato in Sardegna nel 1940, sullo sfondo del fascismo e alla vigilia della seconda guerra mondiale, il film prende liberamente spunto da un fatto realmente accaduto, un furto di cavalli compiuto ai danni di un allevamento militare.
Ciao Giovanni, il tuo film è ispirato ad una storia vera, chi ti aveva raccontato di questo furto di cavalli?
‘’La storia mi fu raccontata per la prima volta dalla mia nonna materna, che conosceva uno dei due giovani autori del furto, quello che poi fu ucciso. Mia nonna era sua lontana parente. Il giorno in cui venne ucciso lei si trovava nello stesso paese in cui fu portata la salma e proprio a lei venne domandato di vederlo per il riconoscimento’’.
In che epoca è ambientato?
‘’Il racconto è ambientato nel 1940, in un tempo in cui domina il regime fascista e in un contesto, quello della Sardegna interna, che si caratterizza per il contrasto tra il mondo tradizionale e il sopravvenire travolgente della modernità’’.
È il tuo primo film di animazione. Come ti sei relazionato a questo nuovo mondo? A questa tecnica di narrazione nuova per te?
‘’Si tratta nel suo genere di un’opera prima basata su rotoscopi dedotti da riprese filmiche e in alcuni casi da preesistenti repertori. I disegni sono in bianco e nero, ad acrilico e su carta. All’inizio non sapevo niente di come funzionava l’animazione. Intuivo però che le tecniche di cui avrei potuto avvalermi dovevano essere funzionali al mio segno grafico impulsivo e discontinuo. Un segno forse non così compatibile con una regolare progressione del movimento’’.
Quando hai deciso di lavorare a quest’opera hai seguito dei corsi di animazione?
‘’No, non ho mai fatto dei corsi. Resistevo alla tentazione di farmi spiegare le tecniche correnti dell’animazione perché avevo bisogno di tempo per le mie prove, a costo di intraprendere vie sbagliate e commettere degli errori perché anche gli errori mi interessavano, mi apparivano pieni di vita, rivelatori di nuovi effetti e in definitiva di nuove possibili forme di rappresentazione. Sapevo che la conoscenza nel suo incessante procedere acquisisce sempre nuovi saperi e al medesimo tempo smarrisce una parte dei saperi precedenti. Io volevo riscoprire e ripercorrere i primi passi e gli eventuali procedimenti dimenticati o esclusi che avevano accompagnato l’origine delle immagini in movimento’’.
Simonetta Columbu