ROMA 25 OTTOBRE 2024 – «Le decisioni del Governo in merito alla manovra finanziaria deludono profondamente le aspettative di tutti i professionisti della sanità. Si sperava in una svolta concreta, che potesse finalmente risolvere problemi strutturali come l’incremento delle assunzioni, il miglioramento delle condizioni lavorative e la lotta alle aggressioni ai danni degli operatori sanitari. Inoltre, tematiche come la medicina difensiva e la depenalizzazione degli errori sanitari non sono state affrontate in modo adeguato. Ancora più grave è la mancata valorizzazione delle carriere, elemento cruciale per contrastare l’esodo di medici e professionisti all’estero». Esordisce così nella sua analisi il Prof. Foad Aodi, Presidente di Amsi (Associazione Medici di Origine Straniera), Umem (Unione Medica Euromediterranea) e del Movimento Internazionale Uniti per Unire, e giornalista esperto di tematiche di salute globale.
Secondo Aodi, misure come l’incentivazione di singole categorie non rappresentano assolutamente, una soluzione strutturale e duratura.
«Sebbene gli incentivi possano essere apprezzabili, non risolvono il problema alla radice. Non basta offrire un modesto aumento dei compensi per convincere i giovani a iscriversi alle scuole di specializzazione più impegnative».
I dati raccolti dalle associazioni guidate da Aodi sono allarmanti: «Dall’inizio del 2023, oltre 13.350 medici e professionisti della sanità hanno espresso il desiderio di lasciare l’Italia per lavorare all’estero. Le aggressioni agli operatori sanitari sono aumentate del 42%, e il fenomeno della medicina difensiva è responsabile del 38% tra le cause che spingono i professionisti ad abbandonare il sistema pubblico, in particolare i pronto soccorsi, il 67% dei professionisti della sanità che lasciano il pubblico e l’Italia dichiara prima di tutto di sentirsi stanco. Per questo esprimiamo solidarietà a tutti i nostri professionisti della sanità e chiediamo che vadano ascoltati, valorizzati e premiati, e non certo trascurati, abbandonati, sfiduciati e lasciati indifesi.
Aodi sottolinea anche il tema dei compensi: «I medici italiani sono tra i meno pagati in Europa, e questo rappresenta un’ulteriore spinta verso la fuga all’estero. Serve una vera svolta, un cambiamento che rispetti e valorizzi tutti i professionisti della sanità, inclusi quelli di origine straniera».
Riguardo ad alcune recenti dichiarazioni, decisamente infondate, Aodi denuncia stereotipi pericolosi: «Alcune affermazioni che circolano sui media suggeriscono che le regioni italiane ricorrano a medici e infermieri stranieri perché costano meno e che la loro formazione non sarebbe equiparabile a quella italiana. Smentiamo categoricamente queste illazioni. In Italia lavorano oltre 42.000 infermieri provenienti da scuole altamente qualificate, inclusi quelli di origine indiana, e non possiamo accettare che venga messa in dubbio la loro preparazione. Chiaro che debbono essere adeguatamente formati, se arrivano dall’estero, nell’apprendere la lingua italiana e le normative legate al nostro sistema sanitario e non essere gettati nella mischia, nell’interesse dei pazienti e di loro stessi».
Aodi invita a respingere qualsiasi forma di pregiudizio nei confronti dei professionisti stranieri: «Dal 1° gennaio 2023, più di 2.200 servizi sanitari, tra reparti di pronto soccorso e ambulatori di medicina generale e pediatria sono stati salvati grazie al contributo dei medici di origine straniera. A questi si aggiungono i numerosi reparti ospedalieri che funzionano grazie agli infermieri stranieri, come previsto anche dall’articolo 13 del decreto Cura Italia».
L’appello del Prof. Aodi si conclude con una richiesta al Governo: «Chiediamo di prolungare le misure di emergenza previste dal decreto Cura Italia, in scadenza il 31 dicembre 2025, e di favorire l’integrazione di tutti i professionisti della sanità, agevolandoli nell’accesso agli albi professionali, nella regolarizzazione assicurativa e nell’apprendimento della lingua italiana. Dobbiamo contrastare con decisione i pregiudizi e le strumentalizzazioni che alimentano discriminazioni. Secondo le nostre statistiche, le discriminazioni nei confronti dei professionisti della sanità sono aumentate del 43% a causa di dichiarazioni irresponsabili da parte di esponenti istituzionali.
Purtroppo, sono ormai 15 anni che denunciamo la situazione dell’immobilismo economico della politica nei confronti della sanità, alla luce dei tanti governi che hanno operato tagli. Abbiamo visto anche, negli anni, Ministri animati da buona volontà e proposte concrete, come l’attuale Ministro della Salute, Schillaci. Il suo impegno è innegabile. Tuttavia, le sue proposte, per quanto valide, continuano a non essere ascoltate, soprattutto dal Ministero dell’Economia. Questo silenzio penalizza l’intero operato del Ministero della Salute, e il nostro appello a Schillaci è di non mollare. Speriamo continui a difendere, come medico, ex rettore e ministro tecnico, le cause giuste dei professionisti della sanità. Abbiamo fiducia nelle sue intenzioni, perché molte delle proposte portate avanti riflettono le nostre richieste.
Il Ministero della Salute, c’è da dire, si è troppo concentrato su alcune categorie, tralasciando il diritto alla salute e la riduzione delle liste d’attesa. Secondo le ultime statistiche, infatti, un anziano su quattro è costretto a rinunciare alle cure, un dato che lascia insoddisfatti sia i pazienti che i professionisti della sanità. Al momento stiamo destinando circa il 6% del PIL alla sanità, ma restiamo lontani da quel 7-8% che potrebbe dare una svolta reale e positiva al nostro sistema sanitario.
Come Amsi, Umem e Uniti per Unire esprimiamo piena solidarietà a tutti i professionisti della sanità, italiani e di origine straniera, e siamo al fianco dei medici e degli infermieri che scenderanno in piazza per salvare la sanità pubblica e privata in Italia».