Chiuse le indagini a fine giugno, l’uomo che ha sparato all’orsa è stato citato a giudizio per l’uccisione dell’orsa Amarena. Il Tribunale di Avezzano ha fissato la prima udienza preliminare e l’imputato dovrà presentarsi davanti al Giudice dell’udienza preliminare (Gup) il 23 dicembre di quest’anno. Lo comunica l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa), che immediatamente aveva presentato denuncia alla Procura della Repubblica. L’associazione si costituirà parte civile nel processo. L’uomo dovrà rispondere alle accuse uccisione di animali aggravata da crudeltà correlata dall’assenza di valida giustificazione ed esplosioni pericolose in luogo abitato.
«La giustizia farà il suo corso, anche se non restituirà Amarena ai suoi figli e a questa vita. Ma chi l’ha uccisa deve pagare», commenta l’associazione.
I fatti. L’orsa Amarena, uno dei simboli del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (Pnalm), è stata uccisa a fucilate un anno fa nella notte del 31 agosto 2023 alla periferia di San Benedetto dei Marsi (AQ). L’autore del reato fu subito identificato. Il 5 settembre il Pnalm informò che i due cuccioli di Amarena erano vivi e, dopo essersi divisi per un breve periodo, si erano ricongiunti e sembravano essere in buona forma. Il 3 novembre il Parco annunciò che i due orfani, di circa 10 mesi, stavano bene.
L’avviso di chiusura indagini era arrivata a fine giugno dopo che il pm Maurizio Maria Cerrato ha esaminato la perizia balistica, che ha confermato come l’indagato abbia sparato per uccidere, non per errore o per spaventare l’animale. La perizia attesta che si è trattato di una fucilata intenzionale ed esplosa da una distanza ravvicinata. L’orsa Amarena è stata raggiunta da un colpo di carabina con un proiettile calibro 12 che l’ha colpita a un fianco perforandole il polmone.
«La Procura ha confermato che l’orsa al momento dello sparo era innocua», sottolinea l’Oipa. «Amarena è l’ennesima vittima non solo della pericolosità sociale d’individui, cui pure si concede il porto d’armi, ma anche del clima d’odio nei confronti dei grandi carnivori fomentato in Italia da alcuni esponenti politici. Auspichiamo che si arrivi a una condanna esemplare nei confronti dell’inquisito. Noi saremo parte civile nel processo».