“Una Tazza di Mare in Tempesta” da mercoledì 9 ottobre a sabato 12 ottobre alle 18.30 e alle 19.30 a La Fabbrica Illuminata di Cagliari
Un viaggio fantastico e emozionante alla ricerca della Balena Bianca con “Una Tazza di Mare in Tempesta”, raffinata e sorprendente installazione-spettacolo di e con Roberto Abbiati, liberamente tratta da “Moby Dick” di Herman Melville, in cartellone da mercoledì 9 a sabato 12 ottobre, tutti i giorni alle 18.30 e alle 19.30 a La Fabbrica Illuminata in via Falzarego n. 35 a Cagliari sotto le insegne del al CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna (con due repliche al giorno per un massimo di quindici persone alla volta), un’occasione per rivivere le straordinarie avventure descritte dall’unico superstite di un naufragio. «Chiamatemi Ismaele»: l’incipit del celebre romanzo, uno dei capolavori della mondiale, tra i simboli dell’American Renaissance, scritto a metà dell’Ottocento, conduce il pubblico riunito in un curioso ambiente, una sorta “stanza della memoria” dalle pareti di legno che rappresenta idealmente la stiva di una nave, in medias res, ovvero al centro della storia, rendendolo testimone e protagonista di una vicenda dove si fondono spirito di avventura e nostalgia dell’acqua, scienza e teologia.
Un giovane marinaio sceglie, in un’epoca imprecisata, di imbarcarsi sul Pequod agli ordini del misterioso capitano Achab, insieme al ramponiere Queequeg, per sfuggire alle proprie inquietudini: «Ogni volta che mi accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me… allora dico che è tempo di mettermi in mare al più presto, questo è il mio surrogato della pistola e della pallottola». Ad attenderlo, le infinite distese degli oceani e insieme un percorso nei labirinti della mente e del cuore umano.
“Una Tazza di Mare in Tempesta” è una versione immaginifica e poetica del libro di Herman Melville: un “viaggio in mare” di Roberto Abbiati, in compagnia di Johannes Schlosser, con le musiche originali di Fabio Besana (produzione Teatro de Gli Incamminati – spettacolo realizzato con il contributo di Armunia), per una “esperienza” fuori dal tempo, un itinerario tra le righe, seguendo il corso dei pensieri del narratore, ma anche l’eco delle molteplici suggestioni e citazioni, le divagazioni filosofiche e gli spunti di riflessione sul mondo, sulle ingiustizie e le differenze sociali, sull’eterno conflitto tra il bene e il male. Una pièce originale e “interattiva”, grazie alla quale è possibile immergersi nelle atmosfere del romanzo, quasi percepire il moto delle onde e le variazioni delle correnti, perfino riconoscere l’aroma salmastro e ascoltare gli ordini e gli scambi di opinioni a bordo della baleniera, sempre più concitati e allarmati con l’approssimarsi della catastrofe.
Una sintesi folgorante di un’opera letteraria che contiene una summa dei saperi tecnici e scientifici dell’epoca, dove Ismaele rappresenta una sorta di alter ego dell’autore, il poeta e scrittore nonché critico letterario statunitense Herman Melville: nato a New York nel 1819, in una famiglia benestante, travolta dagli eventi e ridotta in povertà dopo il fallimento e la morte prematura del padre, il futuro narratore fece diversi mestieri, dal commesso all’operaio all’insegnante, per poi imbarcarsi come mozzo nel primo di una serie di viaggi per mare, che in seguito gli avrebbero fornito materia d’ispirazione per romanzi di successo come “Typee” e “Omoo”.
“Moby Dick” non ebbe la stessa fortuna dei primi libri e, nonostante l’opinione favorevole di Nathaniel Hawthorne, si rivelò un fallimento dal punto di vista commerciale, per essere poi riscoperto soltanto negli Anni Venti del Novecento, grazie a intellettuali e scrittori come D. H. Lawrence, Carl Van Doren e Lewis Mumford (la prima traduzione italiana è di Cesare Pavese e la prima edizione dell’inizio degli Anni Trenta). Il romanzo, così complesso e ricco di rimandi, descrive in chiave di moderna epopea la caccia alle balene, trasformatasi, in conseguenza della personale ossessione del comandante per il capodoglio albino, causa della sua menomazione e identificato come suo nemico mortale, nell’inseguimento attraverso gli oceani, tra tempeste e tragedie, dell’imprendibile Moby Dick. Un obiettivo a cui Achab dedica la sua intera esistenza, rinunciando ai profitti e ai meriti ottenuti in virtù della sua abilità e competenza come capitano, per proseguire con tenacia quella sua guerra privata contro il “mostro” che l’ha privato di una gamba, ma è sempre riuscito a sfuggirgli, con astuzia quasi diabolica: il destino del Pequod, dei suoi ufficiali e dell’equipaggio appare come segnato, indissolubilmente legato, per le ferree leggi della vita di bordo, alla volontà del comandante, alla sua cieca determinazione, ai limiti della follia.
“Una Tazza di Mare in Tempesta” coglie l’essenza del capolavoro di Melville per trasfigurarla in una performance teatrale, condensando in una ventina di minuti le straordinarie e terrificanti esperienze di Ismaele a bordo della baleniera e mettendo l’accento (anche) sull’ambizione e sulla hybris del capitano, che sfida come un moderno titano la potenza della natura e perfino l’ira divina, ignorando le facili profezie e i nefasti presagi, come gli estremi tentativi di ricondurlo alla ragione e le suppliche di risparmiare almeno i superstiti, per sprofondare infine, con la corda del rampone avvolta intorno al collo, insieme alla sua nave, nelle profondità degli abissi. Si salverà soltanto Ismaele, aggrappato alla bara di Queequeg, raccolto dalla Rachel, dopo un giorno e una notte trascorsi in balia del mare aperto: “Moby Dick” è la storia di quella indimenticabile avventura.
Oltre lo spettacolo: “Un tentativo di balena” di Matteo Codignola, con le illustrazioni di Roberto Abbiati (Adelphi – 2008) rappresenta un insolito “diario di bordo” sulla costruzione di “Una Tazza di Mare in Tempesta”, con funzione (anche) di programma di sala, un libro tutto da guardare che mette in risalto la forza immaginifica del racconto e il gusto per la miniatura, con quello strano gioco di prospettiva che riporta l’immenso “mostro” marino all’interno di una “scatola magica”, per ripercorrere la trama e riscoprire le atmosfere di una pietra miliare della storia della letteratura americana.