Nell’Isola 6 case su 10 costruite più di 44 anni fa patrimonio edilizio vecchio e poco sostenibile
CASE GREEN – Nell’Isola 6 case su 10 costruite più di 44 anni fa:patrimonio edilizio vecchio e poco sostenibile. Giacomo Meloni
(Presidente Confartigianato Sardegna): “Rendere stabili e permanenti
le detrazioni fiscali al 65%”. L’interlocuzione con la Regione per
l’attivazione del “catasto energetico” che partirà a gennaio.
In Sardegna le abitazioni sono ancora troppo vecchie, in cattive
condizioni di salute e, tante, disabitate.
Nell’Isola ci sono 1.034.609 case per uso civile abitativo di cui solo
722.186 sono occupate da almeno una persona, il 69,8%. Al contrario,
ben 312.423 unità, risultano disabitate, come quelle dei piccoli
centri in via di spopolamento, o utilizzate come seconde case per le
vacanze. Nella classifica delle abitazioni occupate l’Isola si piazza
al 10° posto in Italia: al primo posto il Lazio con 80,5% mentre
all’ultimo c’è la Valle d’Aosta con 44%, contro una media nazionale
del 72,8%.
E’ questo ciò che emerge dall’analisi effettuata dall’Ufficio Studi di
Confartigianato Imprese Sardegna, sulla “Consistenza e stato del parco
immobiliare isolano”, esaminando i dati 2024 di ENEA, Siape e Istat.
L’analisi sulla “salute” per parco immobiliare a uso abitativo, dice
anche come gli edifici totali, come case unifamiliari, ville,
villette, case a schiera, palazzine, condomini anche con attività
economiche al piano strada, siano complessivamente oltre 500mila. Più
di 300mila sono stati costruiti prima del 1980 mentre quasi 200mila
sono successivi a questa data. Del totale delle oltre 700mila
abitazioni occupate in Sardegna, il 61,3%, 442.700 unità, è stato
edificato prima del 1980. Le più vecchie d’Italia si trovano in
Liguria, con l’82,8% delle case costruite più di 40 anni fa: la
Sardegna occupa il 19esimo posto. Quelle più “giovani” si trovano in
Veneto con il 58.7% edificate ante 1980 contro una media nazionale di
case vecchie del 68%.
Gli interventi sulla casa per l’attuazione della Direttiva Green degli
edifici, che prevede una riduzione del consumo energetico di quelli
residenziali di almeno il 16% entro il 2030, del 20-22% entro il 2035,
fino a emissioni zero nel 2050, interesseranno nell’Isola due terzi
delle abitazioni occupate e costruite entro il 1980, prima dello
sviluppo della legislazione sul risparmio energetico degli edifici. Il
raggiungimento degli obiettivi avrebbe il duplice vantaggio di
consentire l’abbattimento degli oneri e quindi dei costi in bolletta
per imprese e famiglie.
“La vetustà del patrimonio edilizio sardo è uno degli ostacoli
principali nella transizione verso un’edilizia sostenibile – commenta
Giacomo Meloni, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – siamo
una regione, come tutto il resto d’Italia, con case vecchie e poco
efficienti”. “Per ovviare a questa situazione non c’è tempo da perdere
– continua il Presidente – quindi vanno messi subito in campo
interventi a sostegno della riqualificazione degli immobili con
l’obiettivo, indicato dalla Direttiva UE. Per garantire la transizione
green degli edifici bisogna almeno rendere stabili e permanenti le
detrazioni fiscali al 65%”. “Un intervento che limitasse la
detraibilità per le abitazioni diverse dalla prima casa e/o per i
redditi più alti – aggiunge – porterebbe ad una forte compressione
della domanda incentivata, allontanando l’Italia dagli obiettivi
europei di efficienza energetica”.
Secondo studi recenti, nel Piano Nazionale integrato Energia e Clima
(PNIEC) si indica che dal meccanismo delle detrazioni fiscali per gli
interventi di riqualificazione degli edifici è atteso un risparmio di
32,5 Mtep di energia finale in valore cumulato nel decennio 2021-2030,
pari al 44,3% del risparmio da conseguire rispetto agli obiettivi di
risparmio d’energia per il 2030 fissati dalla Direttiva europea
sull’efficienza energetica (EED) entrata in vigore nell’ottobre 2023.
Per Confartigianato, la limitazione alle detrazioni fiscali per
l’edilizia attenua il contrasto di interessi e rischia di aumentare il
sommerso, invertendo il trend di riduzione degli ultimi anni. Secondo
l’ultima ricognizione sull’economia non osservata pubblicata lo scorso
18 ottobre, l’Istat indica una forte riduzione del sommerso nelle
Costruzioni. A fronte di una stabilità dell’incidenza del sommerso sul
complesso del valore aggiunto (10,1% sia nel 2022 sia nel 2021), per
le Costruzioni si riscontra un calo del peso del sommerso di 0,8 punti
percentuali. Anche nel più lungo periodo (2019-2022), caratterizzato
da un ciclo espansivo dell’attività edilizia, il comparto delle
Costruzioni è quello che riduce maggiormente il peso del valore
aggiunto del sommerso, con una flessione di 3,4 punti a fronte del
calo medio di 0,8 punti del totale economia.
Secondo i dati più recenti sullo “stato degli immobili” risulta come
il 17% del totale degli immobili sardi versi in pessime o cattive
condizioni, mentre la media nazionale è del 16,8%. Le case più vecchie
e malandate si trovano a Sassari (il 19% sono in condizioni pessime o
mediocri); segue l’Ogliastra con il 18,1%, Oristano con 17,9%, Medio
Campidano con il 17,8%, Cagliari con il 16,8%, Carbonia-Iglesias con
il 16,5%. Le più nuove sono a Olbia-Tempio con una percentuale di
anzianità solo del 13,9%.
Inoltre, l’analisi dice anche che in Sardegna ci sono anche 17.954
uffici pubblici che occupano oltre 2 milioni di metri quadrati di
superficie.
Dal report emerge anche la difficoltà ad analizzare le classi
energetiche degli immobili sardi attraverso l’APE, Attestazione di
Prestazione Energetica, in quanto la Sardegna è l’unica regione in
Italia a non aver attivato ancora il Portale SIAPE. L’attestato di
prestazione energetica (APE), infatti, “è obbligatorio per gli
immobili di nuova costruzione; in caso di compravendita o nuova
locazione di immobili esistenti, per eseguire lavori di
ristrutturazione importanti o riqualificazione energetica, negli
annunci immobiliari. Da ottobre 2015 l’APE ha un formato standard su
tutto il territorio nazionale”.
“La mancanza del “catasto energetico” – sottolinea Meloni – potrebbe
portare una serie di problemi, alle Amministrazioni, alle imprese e ai
cittadini, nel momento in cui la Direttiva Europea sulle case green
entrerà nella sua piena operatività anche attraverso la messa a
disposizione di, si spera ingenti, fondi per riqualificare il
patrimonio edilizio nazionale e, quindi, anche regionale”.
“A seguito di interlocuzioni avute con l’Assessorato Regionale
dell’Industria, abbiamo avuto rassicurazioni su come il Portale sarà
attivo e disponibile dall’inizio del prossimo Gennaio – prosegue il
Presidente di Confartigianato Sardegna – ciò consentirà alle
Amministrazioni, ai tecnici, alle imprese e ai cittadini, di operare
nel più corretto possibile rispettando i dettati dell’Unione Europea”.
Tra tutte le altre regioni italiane attive nel “Catasto energetico”,
gli immobili del Lazio sono tra quelli più “inquinanti”: il 65,6% del
patrimonio immobiliare è in classe energetica F e G. La regione più
virtuosa è la Lombardia con sono i 41,2% degli immobili nelle fasce
energetiche più dispendiose, contro la media nazionale del 51,8%.
A fine 2023, la metà (51,8%) degli immobili è nelle classi energetiche
meno efficienti F e G e si va dal 63,4% del Centro al 45,4% del
Nord-Ovest.
A livello regionale gli immobili meno efficienti sono almeno 4 su 10
del totale; in particolare si tratta di almeno 6 edifici su 10 in
Lazio 65,6%, Liguria 63,3 %, Toscana 62,2 %, Umbria 61,7 %, Molise
61,5 % e Puglia 60,1% mentre la regione più virtuosa è la Lombardia
con il 41,2%. Si segnala il miglioramento del valore medio pesato
dell’indice di prestazione energetica globale non rinnovabile che
scende a 185,4 kWh/m anno da 197,7 del 2019.
In conclusione, secondo Giacomo Meloni “è fondamentale che l’Europa
permetta ai singoli Stati di seguire percorsi di sostenibilità,
lasciando a ciascuno il compito di adottare le misure nazionali più
idonee per raggiungere l’obiettivo delle emissioni zero. Per attuare
quanto previsto dalla direttiva europea, sono essenziali investimenti
pubblici, che dovrebbero essere esclusi dai vincoli di bilancio e,
idealmente, integrati in un autentico “green recovery plan” a livello
europeo. Gli obiettivi di riduzione del 16% dei consumi entro il 2023
e di azzeramento delle emissioni entro il 2050 appaiono molto
ambiziosi. Per renderli raggiungibili, le regole fiscali europee
dovrebbero considerare gli interventi degli Stati a favore
dell’efficienza energetica degli edifici, poiché politiche fiscali
troppo restrittive rischierebbero di ostacolare il raggiungimento dei
target ambientali. Un sistema di incentivi stabili e prevedibili è
necessario per offrire sicurezza alle famiglie e alle imprese,
superando l’era frammentata del superbonus e passando a una fase più
ordinata, definita da un “climabonus” strutturato”.
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