Sono oltre novanta le donne uccise in Italia in questi ultimi dieci mesi, la maggior parte di loro in ambito familiare o affettivo. Nonostante il numero sia leggermente in calo rispetto agli anni passati, la strada da fare è ancora tanta affinché ci si possa permettere il lusso di tirare un sospiro di sollievo e ciò potrà accadere soltanto quando la lista dei femminicidi sarà vuota.
Il 25 novembre si celebrerà la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Come ogni anno le iniziative saranno tantissime in tutta Italia ma, come ogni anno, serviranno a ben poco se le denunce delle vittime continueranno ad essere inascoltate o sminuite e le pene dei loro carnefici troppo deboli. Inoltre, i recenti avvenimenti hanno sollevato molti dubbi sull’efficacia dei braccialetti elettronici, tanto che il Viminale si è visto costretto ad ammettere l’esistenza di criticità e a presentare ‘possibili soluzioni’ a riguardo.
Una delle regioni dove si contano più femminicidi è la Sardegna, dove negli ultimi sette anni, se ne sono verificati all’incirca 30; un bilancio allarmante se si pensa che il dato è aumentato del 200% rispetto al 2023. A richiamare le Istituzioni regionali ad un’azione immediata è stata Carla Puligheddu, la Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, che già si era esposta a Sassari il 25 e il 26 ottobre, durante gli Stati Generali dell’infanzia.
In quella occasione, la Garante aveva fatto appello a tutti, nessuno escluso: uomini, donne, Istituzioni e partiti politici, affinché si passi dalle parole ai fatti e, con la collaborazione dei presenti (professionisti, amministratori, intellettuali, poeti, scrittori, musicisti, studenti e studentesse), aveva discusso di un «progetto istituzionale, culturale e politico, unico in Sardegna, mai realizzato prima, che deve avere però il pieno appoggio di tutti».
Ilaria Corona