“Lo Schiaccianoci” del Balletto di Roma con Marisol Castellanos
Viaggio nella fantasia, tra atmosfere oniriche e tranches de vie, ne “Lo Schiaccianoci” del Balletto di Roma, con regia e coreografia di Massimiliano Volpini e azioni di urban dance a cura di Kevin Castillo, sulle musiche di Pëtr Il’ič Čajkovskij, con la partecipazione straordinaria di Marisol Castellanos nel ruolo di Clara e della Urban K Company, con scene e costumi di Erika Carretta e disegno luci di Emanuele De Maria (produzione Balletto di Roma) in cartellone venerdì 27 dicembre alle 20.30 al Teatro Comunale di Sassari, dove apre la Stagione de La Grande Danza e poi – con un triplice appuntamento – sabato 28 dicembre alle 17 e alle 20.30 e domenica 29 dicembre alle 16.30 al Teatro Massimo di Cagliari, per un’anticipazione della Stagione 2024-2025 de La Grande Danza al Massimo, sotto le insegne del CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna.Un’intrigante versione contemporanea di un capolavoro della storia del balletto, una suggestiva e celeberrima fiaba natalizia nata da un’idea di Marius Petipa (su commissione del direttore dei Teatri Imperiali Russi Ivan Aleksandrovič Vsevoložskij) e ispirata al racconto “Schiaccianoci e il re dei topi” (“Nussknacker und Mausekönig”) di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, nella rilettura di Alexandre Dumas in “Storia di uno schiaccianoci” (“Histoire d’un casse-noisette”), in cui la ricchezza e l’eleganza di una dimora dell’alta borghesia lasciano però il posto allo squallore e al degrado delle periferie metropolitane, in un rione abitato dai clochards. Sulle note di Čajkovskij, il coreografo Massimilano Volpini costruisce una storia moderna, dove un misterioso benefattore elargisce regali ai poveri e il dono più prezioso è proprio lo Schiaccianoci, simbolo di un riscatto e di un successo raggiunto superando difficoltà e ostacoli, su cui si proiettano le aspirazioni degli “ultimi” e degli emarginati, come un luminoso eroe: un oggetto domestico si trasfigura così in una creatura del sogno, in una slanciata e agile icona della danza.
Un’ambientazione realistica per una vicenda ai confini tra vita e sogno, con rimandi ai riti d’iniziazione e di passaggio dall’infanzia all’età adulta come agli incubi notturni, in particolare nella feroce battaglia contro il Re dei Topi: “Lo Schiaccianoci” del Balletto di Roma conserva tutto il fascino dell’immaginifico racconto per quadri dove l’allegria e il clima festoso del Natale mettono in evidenza la triste condizione di coloro che si trovano ai margini, impegnati in una quotidiana lotta per la sopravvivenza. Un popolo vestito di stracci coloratissimi, una folla di anime inquiete ma anche di sognatori, che non rinunciano a celebrare, a modo loro, la natività con un albero fatto di materiali di riciclo: in questo microcosmo illuminato dalla solidarietà e dall’amicizia irrompono la violenza e la barbarie, la serenità viene infranta dalle nere figure guidate dal Re dei Topi. Tuttavia come accade almeno nelle fiabe, il bene trionfa incarnato da quello stravagante giocattolo, il magico Schiaccianoci che sconfigge i malvagi e mette in fuga le ombre: nella coreografia di Massimilano Volpini affiorano tutti i temi e gli archetipi della trama originale, che si arricchisce di nuovi significati e spunti di riflessione sulle contraddizioni della società contemporanea.
Nella favola ottocentesca de “Lo Schiaccianoci” emerge lo spirito natalizio, tra lo sguardo innocente e fanciullesco di Clara e dei suoi amici e i rigidi rituali mondani del mondo degli adulti anche se nel suo itinerario onirico in compagnia del suo Principe-Schiaccianoci la bambina affronta delle ardue prove contro pericolosi nemici, per poi ritrovare l’allegria delle danze nel Regno dei Dolciumi. Nella sua rilettura in chiave moderna, Massimiliano Volpini conserva l’idea di un’età dell’innocenza, ma associandola a quella folla di ultimi e disperati che si danno vicendevolmente conforto, quasi a cercarvi riparo dal gelo dell’inverno: per tutti loro il Natale rappresenta una gioiosa parentesi, una ricorrenza da festeggiare in cui scambiarsi regali e gesti d’affetto, dimenticando crucci e miserie. Una versione originale, e interessante che rivela una profonda sensibilità ecologica e un’attenzione alle questioni sociali e alle ingiustizie e discriminazioni e – come si legge nella presentazione – diventa «stimolo per riflettere sulla condizione delle persone-rifiuto, sullo smarrimento d’identità sociale e sui mille volti del nostro “essere”». Le scintillanti luci delle vie e delle piazze del centro, ricche di decorazioni, lasciano il posto allo squallore dei rioni popolari, «alla ricca e festosa Casa Stahlbaum, ambientazione originale del primo atto, si sostituisce un’immaginaria periferia metropolitana abitata da senzatetto: un imponente muro separa questa zona dal centro della città. Babbo Natale diviene, qui, un misterioso benefattore di quartiere e lo Schiaccianoci, il suo dono più atteso, rappresenta l’eroe, colui che ce l’ha fatta, ha superato le barriere della povertà per catapultarsi nelle meraviglie della ricchezza. Il secondo atto riaggancia ambientazioni e personaggi della tradizione, in un viaggio tra le danze del mondo in compagnia di personaggi bizzarri: da una scena di mattoni, crepe e graffiti si passa, improvvisamente, a un luogo incantato, fuori dal tempo. Ma il binomio realtà-sogno lascia spazio alla riflessione, lucida e poetica, sui risvolti terreni di una società contemporanea multiforme».
La classica cornice borghese lascia spazio alla quotidianità sofferta delle periferie, ma restano le atmosfere natalizie che anzi assumono maggior risalto, e una rigorosa partitura per corpi in movimento trae nutrimento e si inserisce perfettamente nel disegno musicale per raccontare la desolazione e la felicità, l’inquietudine e il sogno: «ridimensionando la misura dello sfarzo pur senza perdere di impatto emotivo, la coreografia di Volpini realizza – nel rispetto del repertorio – una versione moderna, fresca e vitale di un testo fondamentale del balletto russo».
Una favola senza tempo, per continuare a sognare… e sperare in un mondo migliore dove sia possibile vivere in armonia.