Si trasmette per gli eventuali profili di interesse la lettera a firma della Sig.ra Maria Teresa Spolitu, indirizzata al Questore di Cagliari a seguito di un incidente stradale verificatosi lo scorso 21 gennaio, nel corso del quale due operatori di una Volante del locale U.P.G.S.P. sono rimasti feriti mentre tentavano di fermare il conducente di un’auto oggetto di furto.
Si precisa che l’autrice della lettera è la sorella di un giovane poliziotto, Pietro Spolitu di anni 22, operatore di volante, deceduto a Quartu Sant’Elena (Ca) il 29 febbraio 1976, unitamente al suo collega,
Vincenzo Fracasso di anni 27, durante un intervento effettuato in circostanze analoghe.
<<Al Sig. Questore
22 gennaio 2025: La volante si schianta durante l’inseguimento. Feriti due poliziotti il conducente dell’auto risultata rubata, riesce a fuggire.
29 febbraio 1976: Due agenti morti, altri due gravemente feriti. Questo il tragico bilancio dell’inseguimento di quattro “balordi” che fuggivano in una 127 rubata.
Sfogliando le pagine del quotidiano sono rimasta “inebetita” dinanzi all’articolo “La Volante si schianta durante l’inseguimento”. In un attimo sono tornata indietro nel tempo.
Ricordi, immagini di quella tragica notte sono riaffiorate alla mente riaprendo nel cuore una ferita non rimarginata.
Sono Maria Teresa Spolitu sorella di quel giovane poliziotto (Pietro Spolitu, anni 22) che insieme al suo collega (Vincenzo Fracasso, anni 27) morirono durante un inseguimento di ladri che con un’auto rubata avevano aggredito delle coppie al “Poetto”.
Per l’uomo della strada: “quelli del carosello mortale” per la Polizia: “due vittime in più da aggiungere alla lista dei nomi riportati in un memoriam sulle lapidi“.
La volante si schiantò contro un pilastro di una casa a Quartu Sant’Elena in Viale Colombo. I corpi dei due poliziotti furono estratti dalle lamiere contorte dell’abitacolo.
Stavolta il tributo da pagare non è stato così tragico, ma le due circostanze molto simili tra loro ci presentano da una parte delle “vittime” che con zelo e dedizione alla “divisa” svolgono il loro dovere, dall’altra dei “teppisti” irresponsabili che, alla ricerca del proprio benessere materiale e la necessità di soddisfarlo, diventano schiavi del bisogno stesso illudendosi di raggiungere quella felicità effimera che li estranea, sempre più, dal proprio ESSERE.
Non a caso ho voluto associare questi due fatti di cronaca (anche se accaduti in tempi e luoghi diversi) per condividere e riflettere sulla concezione del BENE e del MALE che, al giorno d’oggi, pare sempre meno adatta a spiegare le contraddizioni di un mondo che siamo soliti chiamare “CIVILE”
Forse qualcuno nel leggere queste mie righe le troverà fuori luogo, ma solo chi ha vissuto in prima persona simili tragedie trova il coraggio di esporsi e di lottare anche solo con una semplice lettera nella speranza che la pubblica opinione possa essere coinvolta in una più reale e obiettiva “presa di coscienza” nel valutare simili fatti in cui a pagare sono delle vittime innocenti che credono e svolgono il loro dovere pronti persino a sacrificare la propria vita per il trionfo della giustizia.>>
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