Riceviamo da Gian Valerio Sanna e pubblichiamo integralmente.
Non vogliamo la ragione ma il futuro.
Il Comitato scientifico per l’insularità in Costituzione, già molti mesi fa, aveva avanzato la proposta di completare il PPR nelle zone interne dell’isola come strumento fondamentale di difesa dall’invasione scriteriata dei progetti di installazione di impianti da fonti di energia rinnovabile sul territorio sardo.
Avevamo avuto non solo l’opportunità di divulgare e diffondere le ragioni e le basi giuridiche che avrebbero dato fondamento a queste nostre tesi, ben al di là di stucchevoli proposte di moratorie, ma ci è stata data inoltre l’occasione di presentare questa nostra proposta alle Commissioni Consiliari regionali al fine di valutarne l’opportunità. Niente: la maggioranza regionale ha voluto andare avanti con le proprie idee e oggi, rispetto a quella tornata di confronto, la Corte Costituzionale (sentenza n. 28 dell’11 marzo 2025) ha voluto spiegare, benché non fosse più necessario a causa dell’intervenuta abrogazione della norma da parte degli stessi autori, che parlare del paesaggio solo per nascondere un congelamento dei tempi delle decisioni non rappresenta una procedura corretta sotto il profilo della legge.
Ma la Corte ha voluto andare oltre, affermando che l’iniziativa della Regione poteva essere diretta realmente e sinceramente all’individuazione delle aree da salvaguardare, così come indicato nel regolamento (UE) 2024/1991 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 giugno 2024, sul ripristino della natura, che modifica il regolamento (UE) 2022/869, per il recupero a lungo termine e duraturo della biodiversità e della resilienza degli ecosistemi in tutte le zone terrestri e marine […] attraverso il ripristino degli ecosistemi degradati e così via. Tuttavia, ha disvelato l’inganno di voler semplicemente sospendere il rilascio delle autorizzazioni e, di conseguenza, ha censurato il legislatore regionale.
Questo passaggio della Corte Costituzionale ha trovato un’autorevole conferma nella sentenza del Consiglio di Stato n. 1872 del 5 marzo scorso, con la quale è stato annullato il decreto della Regione Toscana che autorizzava il parco eolico sul Monte Amiata. La sentenza ha affermato la prevalenza del principio della tutela del paesaggio sugli altri valori da contemperare, ricordando che, prima di qualunque decisione, è necessario effettuare un’attenta e puntuale ricognizione degli elementi caratterizzanti e qualificanti il paesaggio e l’ambiente.
Una sentenza che ci riporta direttamente e senza scorciatoie alla nostra prima proposta e che si fonda sulla gerarchia delle fonti, avanzando e ribadendo la supremazia dei valori costituzionali su ogni altra, pur legittima e importante, sfera di interessi pubblici.
In fondo, il Consiglio di Stato non fa altro che ribadire il contenuto del decreto legislativo n. 42 del 2004, sottolineando che:
La sentenza del Consiglio di Stato si cimenta ulteriormente nella valutazione non solo dei fattori nominali della proposta di parco eolico, ma descrive come vengano “in rilievo opere infrastrutturali di grande impatto visivo”. “Il paesaggio, quale bene potenzialmente pregiudicato dalla realizzazione di opere di rilevante impatto ambientale, si manifesta in una proiezione spaziale più ampia rispetto a quella riveniente dalla sua semplice perimetrazione fisica, consentita dalle indicazioni contenute nel decreto di vincolo. In altri termini, il paesaggio si manifesta in tali casi quale componente qualificata ed essenziale dell’ambiente, nella lata accezione che di tale bene giuridico ha fornito l’evoluzione giurisprudenziale, anche di matrice costituzionale”.“Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali.”
Tutto questo bagaglio giurisprudenziale è oggi al cospetto delle autorità della magistratura sarda affinché si verifichi se le procedure e le semplificazioni adottate dalle disposizioni per l’energia rinnovabile abbiano tenuto conto degli obblighi di legge, in particolare quelli per la tutela dei cittadini e della loro salute.
Non sentiamo, tuttavia, la necessità di rivendicare “avevamo ragione” di fronte all’importanza e al rilievo dei pericoli che incombono sulla Sardegna e che maldestramente si vorrebbero risolvere con iniziative non sempre sostenute dalla sincera ambizione di preservare il futuro dei sardi. Sappiamo che, invece, siamo ancora in tempo per ritrovarci sul versante delle buone ragioni e della passione civile, tra coloro, insomma, che prima di tutto pongono in gioco il vero interesse pubblico, quello che coinvolge il nostro diritto a un ambiente intonso, pulito e che garantisca salute all’uomo e agli animali che lo abitano.
Il PPR delle zone interne è già negli uffici della Regione, accompagnato da studi aggiornati e qualificati, sufficienti perché si possa adottare il Piano in un tempo ragionevolmente breve. Il PPR in Sardegna è adottato con atto amministrativo e dunque non vi sarebbero ostacoli, se la volontà della Regione fosse davvero quella di mettere al sicuro il futuro di tutti noi.
Gian Valerio Sanna